Manifesto per un pensiero critico del Nursing

Scritto da Silvina Malvares (Panamerican Health Organization)

Traduzione a cura di Christian Duque (nursing in movimento)

In español

Introduzione

L’attuale passaggio epocale si caratterizza per una densa trama di processi sociali di varia natura e di differenti dinamiche. Sono processi storici e culturali che sembrano accadere in un tempo caratterizzato da un accelerazione della storia e dalla transculturalità conseguente alla rivoluzione demografica. I cambiamenti geopolitici derivati dalla globalizzazione dell’economia hanno stabilito un nuovo ordine internazionale di liberalizzazione dei mercati su scala planetaria. La esplosione scientifica e tecnologica ha prodotto progressi senza precedenti nel miglioramento della qualità della vita, individuando la conoscenza e la tecnologia dell’informazione come input strategici principali dello sviluppo e aprendo nuovi scenari per le occasioni di lavoro. La trasformazione comunicazionale  vincola con incredibile velocità le persone e le istituzioni e installa nuove logiche di funzionamento globale. Difficoltà di funzionamento si producono simultaneamente nelle istituzioni responsabili della coesione sociale, nelle relazioni fra economia e società e nei modi attraverso cui si formano le identità individuali e collettive.(1)

Ma la globalizzazione non è un processo lineare. Presenta contraddizioni e conflittualità crescenti che hanno effetti sulla salute dei popoli su scala planetaria. Certamente ha avuto come effetto il miglioramento della vita quotidiana e delle condizioni di salute nel mondo e la tecnologia dell’ informazione ha avuto un impatto radicale sui servizi sanitari. Però sono aumentate la disuguaglianza, la povertà, la marginalità, le minacce all’ambiente e le malattie su cui ha influenza la disuguaglianza di distribuzione delle risorse, mentre gli indicatori di salute rivelano che le società più sane non sono necessariamente quelle più ricche.

Nell’anno 2000 il vertice mondiale propose uno sforzo planetario per affrontare le priorità più scottanti dell’umanità. Le mete di sviluppo del millennio indicano che è necessario sradicare la povertà estrema e la fame, arrivare all’istruzione elementare universale, promuovere l’uguaglianza fra i sessi e l’autonomia della donna, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l’AIDS e altre malattie, garantire la sostenibilità dell’ambiente e promuovere un’alleanza mondiale per lo sviluppo.

Nel contesto di questi cambiamenti mondiali la mancanza di cura, dice Leonardo Boff (2),  sembra trasformarsi in una delle conseguenze più drammatiche della globalizzazione, mostrando una sorta di crisi della civiltà generalizzata che si esprime puntualmente nell’abbandono di bambini e anziani, nella solitudine degli adolescenti, nell’abbandono dei poveri e degli esclusi… insomma nell’abbandono del sogno della generosità e della solidarietà, nella chiusura individualistica e nella perdita della passione politica… tanto che questi sembrano tempi di empietà.

Per questo l’attenzione alla comunità in un mondo globalizzato rappresenta una vera sfida. Avete pensato bene: l’infermieristica, la cui ragione sociale è la cura – condizione essenziale dell’umanità- affronta la sfida, allo stesso tempo dell’imperativo etico, di un cambio di pensiero, di posizione e di azione per affrontare le necessità della cura delle comunità in un contesto in trasformazione ricco di minacce e di opportunità

Questa presentazione sottolinea particolarmente le tendenze mondiali e l’impatto della globalizzazione sulla salute delle comunità con la convinzione che, solo se comprende il contesto, l’infermieristica può esercitare al meglio la sua missione di cura. E conclude cercando di riflettere sulle sfide che porta all’infermieristica questo stato di cose, sfide che impongono una riflessione e un’azione politica profonde in modo da ri-posizionare la infermieristica comunitaria come cuore stesso della prassi e come campo di conoscenza, di responsabilità sociale e di intervento, che strutturi e dinamizzi l’intera pratica infermieristica.

La mia vita professionale si è costruita nel campo della salute pubblica. Le esperienze di lavoro comunitario per molti anni nell’area della salute mentale mi hanno sempre fatto pensare che questa fosse per me l’unica ed esclusiva concezione possibile essere infermiere, cosicché, anche lavorando in grandi strutture psichiatriche, non ho mai potuto chiudermi nelle rigidità dell’ospedale, dato che sempre e necessariamente si trattava di uno spazio comunitario, un ambito dove pensare epidemiologicamente e socialmente un ambiente di pratica sociale radicato e vivente della stessa comunità.

Grandi tendenze

La relazione sullo Stato del futuro 2005, della Università delle Nazioni Unite comincia affermando che il sorprendente dispiegamento di aiuti umanitari alle vittime dello Tsunami sembra segnare un nuovo indirizzo nell’evoluzione etica dell’umanità. Questo fatto ispira fiducia  da cui trarre la volontà necessaria per affrontare decisivamente le sfide globali e vincere la gara fra la costante proliferazione di minacce e le nostre crescenti competenze nel migliorare la condizione umana.

La popolazione mondiale è arrivata a 6.500 milioni. Le future sinergie fra nanotecnologia, biotecnologia, tecnologie informatiche e scienze della conoscenza possono migliorare drasticamente la condizione umana grazie alla crescita della disponibilità di cibo, acqua ed energie e grazie al maggiore scambio di informazioni fra persone, ovunque. La conseguenza sarà l’aumento dell’intelligenza collettiva e la creazione di maggiore valore ed efficienza, insieme alla riduzione dei costi.

Tuttavia, sebbene l’umanità disponga di risorse sufficienti e pertinenti per affrontare le sfide globali, non si scorge ancora quanta saggezza, volontà e intelligenza si dedicheranno alle stesse.

Le tendenze demografiche  mostrano che la popolazione mondiale cresce al ritmo dell’1,2%, tuttavia non in modo uniforme: la popolazione aumenterà considerevolmente nei paesi in via di sviluppo e tenderà a ridursi nei paesi sottosviluppati.

Alla fine del 2007 metà della popolazione mondiale vivrà nelle zone urbane in città con non più di 500.000 abitanti, anche se aumentano anche i grandi conglomerati urbani: Tokyo, Città del Messico, Bombay, New York, Sao Paulo e Delhi raccolgono più di 15 milioni di persone ciascuna. Molte di queste città contengono popolazioni enormi di poveri, analfabeti, disoccupati, bambini di strada, giovani violenti ed anziani abbandonati, come effetto dell’urbanizzazione incontrollata. Le tendenze di popolazione mostrano un grande aumento di flussi migratori che si concentrano nelle città. L’invecchiamento della popolazione è una tendenza crescente.  Nei paesi sviluppati ci sono tassi di fecondità deficitari o di mera sostituzione, mentre aumentano i tassi di fecondità nei paesi in via di sviluppo.

Durante il ventesimo Secolo si è prodotto il più rapido calo della mortalità generale registrato nella storia dell’umanità grazie alle migliori condizioni di vita, sebbene l’AIDS stia producendo aumenti della mortalità in Africa. Esistono differenze demografiche fra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati: i primi mantengono alti tassi di mortalità materna, infantile e di mortalità da infezione HIV, mentre nei secondi preoccupano l’invecchiamento della popolazione e il calo della fecondità.

Le tendenze di cambiamento sociale  mostrano una crescente capacità di cooperazione e miglioramento della qualità della vita in alcuni popoli,, assieme con l’inquietudine politica e sociale, lo stress, l’aumento del fondamentalismo, del terrorismo e gli scontri fra ricchi e poveri.

Le tendenze ambientali  rivelano l’incremento dei disastri naturali e nello stesso tempo una volontà generale per uno sviluppo sostenibile.

Le tecnologie dell’informazione hanno prodotto enormi progressi nelle scienze e nelle comunicazioni, hanno generato reti internazionali e hanno avuto un impatto importante sulla fluidità della traduzione di linguaggi, verso una comunicazione globale.

L’esplosivo sviluppo della scienza  ha permesso un enorme miglioramento della vita di molte persone, e allo stesso tempo ha generato tecnologie il cui uso discrezionale minaccia l’ambiente e la sicurezza delle nazioni. La tecnologia dei trasporti ha facilitato i flussi migratori e l’incremento su scala planetaria delle transazioni commerciali.

Però, in questo quadro, la tendenza di maggior impatto, determinante e condizionante del nuovo ordine mondiale è la globalizzazione.

Globalizzazione

La globalizzazione, indica Buss (5), è un processo economico, sociale e culturale stabilitosi negli ultimi due o tre decenni del secolo XX, le cui principali caratteristiche includono, in scala mai raggiunta prima, le seguenti:

–         Crescita del commercio internazionale di beni, prodotti e servizi.

–         Internazionalizzazione delle mega-imprese

–         Libera circolazione dei capitali e competitività economica basate nell’uso intensivo delle informazioni

–         Privatizzazione dell’economia e minimizzazione del ruolo dei governi e degli stati-nazione.

–         Rafforzamento delle barriere commerciali protezioniste e regolazione del commercio internazionale secondo le regole del WTO (Organizzazione Mondiale del commercio).

–         Facilità di transito delle persone e dei beni fra paesi.

–         Espansione delle possibilità di comunicazione, nascita della società della informazione e incremento di contatto fra le persone.

La globalizzazione è l’interconnessione di capitali, la produzione, le idee e la vita culturale in marcia costante e crescente. Implicita nell’idea di globalizzazione più che in quella di internazionalizzazione, si cela l’idea che ci muoviamo verso un’era di crescenti legami fra le nazioni che superano la nozione di stato-nazione, portando con sé un profondo cambiamento nella concezione spazio-tempo e nella dimensione cognitiva, flussi globali crescenti e aumento e riconfigurazione di attori e di scenari. La globalizzazione instaura un capitalismo di progresso unilaterale che concentra ricchezza e potere, il che elimina le aspettative di una globalizzazione con benefici per tutti. L’effetto ridistributivo risulta, in realtà, inverso.

La globalizzazione ha fatto sì che oggi per alcuni la vita sia più lunga e sana che in qualunque altra epoca della nostra storia. La speranza di vita alla nascita è aumentata negli ultimi 40 anni più rapidamente che nei 4000 anni precedenti. Ma non tutti ne hanno beneficiato allo stesso modo; nella maggioranza dei paesi esistono marcate differenze.

Molti autori e organizzazioni sono critici su questo processo. La Commissione Mondiale sulle Dimensioni Sociali della Globalizzazione insiste a dire che il processo di globalizzazione attuale sta producendo risultati disuguali fra i paesi e all’interno dei paesi medesimi, e sono troppe le persone escluse dai benefici.

Afferma così Birsdal (6) che i mercati globali sono intrinsecamente “disugualizzanti” e provocano l’aumento della disuguaglianza fra paesi e anche all’interno degli stessi. L’enorme differenza della media dei guadagni dei paesi più ricchi è cresciuta da 9 a 1 nel 1900 a 100 a 1 e i paesi più ricchi – che erano tali già 100 anni fa- quelli dell’Europa, del Nordamerica e l’Australia, continuano ad arricchirsi.

Anche quando la ricchezza mondiale effettiva- stimata in 24 milioni di dollari all’anno- continua ad aumentare, circa 1.2 miliardi di persone al mondo vivono con meno di 1 dollaro al giorno e la metà degli abitanti del mondo vive con meno di 2. Nell’Asia meridionale il 37% è povero (448 milioni di persone). In America Latina e nei Caraibi il numero di persone povere è cresciuto da 48 a 57 milioni durante gli anni ’90: una persona su 10 viveva con meno di un dollaro al giorno all’inizio del millennio (7).

La OIT afferma che le disuguaglianze globali sono inaccettabili dal punto di vista morale e insostenibili dal punto di vista politico. Secondo Kickbusch (8) queste condizioni costituiscono la base materiale per l’impulso al cambiamento di valori, di etica e di comportamenti degli individui, degli stati, delle istituzioni e delle organizzazioni.

Disuguaglianze nella salute

Uno dei principali tratti della globalizzazione si radica nel modo in cui i suoi meccanismi si esprimono, producono e sostengono la disuguaglianza nella salute, costituendo uno stato di ingiustizia sociale.

Nei paesi più sviluppati del mondo la speranza di vita alla nascita era nel 2001 di 78 anni e di 51 nei paesi meno sviluppati: la mortalità infantile fra bambini minori di un anno è di 6 per 1000 nati vivi e di 100 per 1000 negli altri, mentre fra i minori di 5 anni arriva a 159 su 1000 nei paesi più poveri.

In Sudafrica la mortalità infantile è 5 volte maggiore fra i neri che fra i bianchi; i maschi che vivono nelle zone più ricche degli Stati Uniti possono aspettarsi 16 anni di vita in più rispetto ai poveri; in Cile le persone meno istruite sono quelle che si ammalano di più; in Inghilterra le donne con malattie croniche hanno più possibilità di perdere il loro lavoro che in Svezia; in Giappone i lavoratori agricoli hanno minori speranze di vita rispetto a manager e professionisti.(9)

In America Latina la mortalità infantile diminuisce in modo costante. Ma le disuguaglianze restano gigantesche: mentre in Bolivia muoiono 54 bambini su 1000, ne muoiono solo 5,3 in Canada. (10). Più di 1000 bambini minori di un anno muoiono ogni anno nelle Americhe, ogni anno 140.000 bambini muoiono a causa di malattie che si possono prevenire prima dei 5 anni (11).

Ci sono stati cambiamenti poco significativi nell’evoluzione della mortalità materna, dato il rischio di morte enormemente più alto nel paese meno sviluppato che in quello più sviluppato: ogni 25 minuti una donna muore in America Latina e nei Caraibi per cause relative alla gravidanza, mentre il rischio è 28 volte inferiore in Nordamerica.  (12).

Buss riferisce che in Brasile la mortalità infantile fra i neri è del 34 per 1000 contro il 23 per mille dei bianchi; fra i poveri è di 35 e fra i ricchi 16; fra le madri con meno di tre anni di scolarità è del 40 contro il 17 delle madri con otto anni di scuola o più; nella popolazione rurale è del 35 contro il 27 della popolazione urbana; nello stato più povero è del 63 per mille contro il 16 dello stato più ricco.

Le differenze nell’uso dei servizi sanitari si osserva anche fra paesi e giurisdizioni e fra ricchi e poveri, in cui le differenze variano da 1,3 a 4,8 volte in relazione all’uso di terapie di reidratazione, anticoncezionali, diagnosi prenatali e attenzione qualificata al parto. Morgan e Ziglio indicano che le disuguaglianze persistono all’interno dell’Europa; la differenza di accesso ai servizi sanitari fra le persone di diverse classi sociali e diversi segmenti della popolazione continuano e anzi crescono. (13)

La spesa pro capite in salute varia da 11 dollari all’anno nei paesi meno sviluppati del pianeta a 1.907 nei paesi più sviluppati.

In sintesi la globalizzazione ha impoverito molti paesi e ha ampliato la esclusione e le disuguaglianze, le quali in maggioranza sono ingiuste ed evitabili. Le disuguaglianze si devono a differenze nell’accesso a: reddito stabile, risorse e protezione sociali, lavoro, assistenza, acqua, servizi sanitari. Di particolare importanza è l’accesso all’educazione, fattore determinante delle condizioni di salute.

La globalizzazione porta con sé conseguenze sulle condizioni di salute e malattie specifiche, per esempio quelle derivate dal turismo sessuale internazionale e la transnazionalizzazione delle malattie trasmissibili, nuove e riemergenti: la SARS, il dengue, la febbre aviaria, le febbri emorragiche virali, la salmonellosi e l’infezione da escherichia-coli ne sono alcuni esempi. Fra le cosiddette malattie riemergenti si contano la poliomelite che abbonda in 15 paesi africani per deficit di vaccinazione, il colera che ha toccato 75 paesi negli ultimi 40 anni, la febbre gialla e la tubercolosi resistente, insieme ad altre.

Nel 2001 nel mondo 40 milioni di persone erano affette da AIDS e 3 milioni ne morivano ogni anno. La proiezione indica che per il 2020 moriranno 68 milioni di persone nei 45 paesi più colpiti. In America Latina e nei Caraibi sono morte circa 119.000 persone a causa dell’AIDS nel 2003 e circa 200.000 sono risultate infettate dall’HIV. Circa 1.000.000 di persone nella regione soffrono di malaria. (14)

Il XX secolo è stato uno dei periodi più violenti della storia dell’umanità: 191 milioni di persone hanno perso al vita a causa di conflitti. La violenza e la criminalità sono aumentate nelle grandi città del 40% negli anni ’90. I conflitti civili e le guerre hanno come conseguenze più morti, lesioni e disabilità.

Le nuove società portano con sé patimenti cronici che richiamano l’attenzione delle comunità e in particolare del settore sanitario. Le malattie cardiovascolari, le neoplasie, il diabete e l’ipertensione costituiscono le prime cause di morbomortalità fra adulti nei paesi sviluppati; i disordini alimentari offrono un quadro di tendenze bidirezionali: la denutrizione aumenta fra i bambini e colpisce molte madri dei paesi poveri, nello stesso tempo l’obesità cresce fino a raggiungere più della metà della popolazione di alcuni paesi ricchi.

Un gruppo di sofferenze sistematicamente trascurato è costituito dalla sofferenza psichica e dai disturbi mentali e del comportamento. Studi epidemiologici mondiali indicano che 400 milioni di persone nel mondo soffrono di disturbi mentali seri e costituiscono l’8% della totalità mondiale delle malattie; il 25% della popolazione delle Americhe soffre attualmente di qualche tipo di questi disturbi e si aspetta che per il 2010 una persona su tre soffra di depressione. C’è un alto indice di suicidio, un aumento della dipendenza da sostanze psicoattive, dall’alcool e dal tabacco. Nonostante gli sforzi realizzati per migliorare l’attenzione alla salute mentale, lo stigma, la trascuratezza e la violazione dei diritti umani delle persone con sofferenza psichica completano questo quadro drammatico.

I disastri naturali sempre più frequenti dovuti all’aggressione dell’ecosistema planetario, determinano morti e lesioni multiple, perdita della casa, mancanza di protezione, insicurezza, disperazione, spostamenti forzati, maggiore povertà e di conseguenza diffusione di malattie. La migrazione forzata e la globalizzazione del traffico di droghe completano il quadro della salute nel mondo globalizzato. In America Latina e nei Caraibi, 130 milioni di persone (1 su 4) non hanno accesso all’acqua potabile in casa e meno di 1 casa su 5 è connessa ad un sistema fognario adeguato (15).

La riforma del settore salute, da parte sua, ha supposto l’implementazione di nuove politiche, cambio nelle strutture e organizzazione di ministeri e servizi, cambiamenti nel finanziamento e nelle regolamentazioni, ritiro dello Stato dalla responsabilità della gestione della salute e maggiore partecipazione del settore privato nei servizi. In molte nazioni aumentano le disuguaglianze  di accesso all’attenzione sociale; ad esempio in America Latina più di 200 milioni di persone mancano di copertura sociale e 100 milioni non hanno accesso ai servizi sanitari di base.

Le risorse umane nella salute, aspetto essenziale del settore, presentano vecchi e nuovi problemi. La loro quantità e la loro distribuzione sono inadeguate, le migrazioni minacciano sistemi sanitari in paesi piccoli, la mancanza di un collegamento fra istruzione, servizio e priorità della salute produce frustrazione nei professionisti e inefficienza degli apparati; le condizioni di lavoro si precarizzano nei paesi meno sviluppati e le pratiche tradizionali collidono con le richieste del sistema. Tuttavia lo stato politico delle crisi delle risorse umane nella salute è arrivato all’agenda internazionale come fattore critico per la salute, l’economia e la sicurezza mondiale. A questo scopo un’alleanza mondiale per lo sviluppo delle risorse umane nella salute ha pianificato nel 2006 un programma di sviluppo a lungo termine per contribuire al raggiungimento degli obiettivi del millennio.

Opportunità

Nonostante tutto, dice il Dr.Buss, la globalizzazione porta anche segnali positivi. La creazione del sistema delle Nazioni unite e metà del secolo XX e dell’Organizzazione Mondiale della salute ha rappresentato un progresso importante per il dialogo e la convivenza pacifica delle nazioni così come per la cooperazione a favore del progresso di tutti i paesi del mondo.

Nell’ultimo decennio del XX secolo si è avviato un sistema di dialogo internazionale caratterizzato dal grande sviluppo di grandi conferenze tematiche con la mira di preparare il mondo per il prossimo secolo. Più di 15 conferenze e meeting mondiali hanno dibattuto e hanno emesso dichiarazioni a favore dei bambini, della natura, dei diritti umani, i villaggi, la donna, lo sviluppo sociale, l’alimentazione, lo sviluppo sostenibile, il finanziamento e gli obiettivi del millennio, e si sono conformate commissioni mondiali di studi sulla macroeconomia e la salute, su determinanti sociali sulla salute ecc.

La salute si è inserita nell’agenda politica mondiale come una questione di sicurezza, di politica estera, di macro-economia e di diritto umano, e da queste condizioni è emerso il concetto di salute globale  come un nuovo contesto, una nuova coscienza e una nuova strategia di approccio del governo della salute nella società planetaria. Secondo Kickbusch (16) questa internazionalità collettiva costituisce uno sforzo globale per la costruzione di una nuova agenda: quella di imparare ad essere una società mondiale.

La globalizzazione può anche concepirsi come una forza emancipatrice, provvista delle informazioni e delle capacità necessarie per costruire ponti e utopie. Secondo Santos (17) i progressi della comunicazione e dell’informazione permettono a ciascuno di essere più vicino al mondo: non importa dove, la umanità sembra più prossima, la coscienza di essere mondo si percepisce per la presenza di una umanità mista di razze, culture, lingue, di rinnovata comprensione e di tolleranza, arricchendo il quotidiano individuale e collettivo. La mutazione tecnologica, a partire dalla ingegneria genetica, ha autorizzato la promessa di mutazione biologica dell’uomo; ma una mutazione filosofica sta ancora aspettando, quella di un uomo che sia capace di attribuire senso nuovo all’esistenza della persona singola, dell’umanità, del pianeta.

Riguardo al lavoro di cura

Leonardo Boff, teologo e filosofo brasiliano, Premio nobel alternativo della Pace, membro della Commissione della Carta della Terra, dice nel suo libro Saper curare  che la crisi generalizzata che tocca l’umanità si rivela per la trascuratezza con cui si trattano le realtà più importanti della vita. La crisi è civilizzatrice. Per uscirne è necessaria una nuova etica che deve nascere da qualcosa di essenziale nell’essere umano. L’essenza umana risiede molto più nel lavoro di cura che nella ragione o nella volontà. Curare è più di un atto, è un modo di essere.(18)

Il più grande studioso del lavoro di cura, Martin Heidegger (19), nella sua famosa opera Essere e Tempo capisce che la cura, dal punto di vista esistenziale, è ontologicamente anteriore ad ogni comportamento o situazione dell’essere umano. La cura si trova nella radice profonda dell’essere umano e rappresenta un modo di essere essenziale, presente, irriducibile, e fondante della possibilità stessa dell’ esistenza umana. Heidegger parla della cura come anticipazione, occupazione e sollecitudine, intendendo che la componente dell’ alterità è intrinseca al concetto stesso, e che la espressione “cura di sé” altro non è che una tautologia. La cura sorge quando l’esistenza dell’altro acquista importanza per me e perciò mi dispongo a prendere parte alla sua esistenza. È un modo di essere mediante il quale esco da me per centrarmi in un altro con preoccupazione e sollecitudine, distraggo l’attenzione da me stesso per fare in modo che l’altro acquisti maggior valore.

La cura include due significati intimamente legati; il primo, l’attitudine alla preoccupazione, alla sollecitudine, all’attenzione per l’altro; il secondo la preoccupazione, l’inquietudine, il coinvolgimento, perché suppone una implicazione affettiva con l’altro la cui condizione muove la mia attitudine e mobilizza la mia azione. Però curare è anche pensare, curare (cuidar) deriva da cogitare che significa pensare. Questo secondo significato di preoccupazione e sollecitudine rimanda al concetto di curare come pensiero dell’altro.

La storia della cura umana è estesa come la storia stessa dell’umanità, tuttavia il processo di professionalizzazione della cura è legato alla storia dell’ interesse per le persone malate e, più specificamente, allo sviluppo delle istituzioni di assistenza medica e a quello della medicina scientifica.

La storia ha dato all’infermieristica l’incomparabile impegno sociale della cura professionale. Non capire queste radici e la trascendenza di questo ipegno significa non capire la missione sociale dell’infermieristica come professione.

L’evoluzione storica dell’infermieristica e la sua articolazione organica con i processi sociali, politici e scientifici è confluita nella attuale tipologia professionale che la colloca in una posizione privilegiata nel contributo al benessere umano, nella prevenzione delle malattie e nel recupero della salute. Ancora più importante è il riconoscimento del suo contributo verso le persone malate o a rischio, quando non si può guarire, ma è necessario confortare,  farsi carico dell’impatto della malattia sulla persona, ricuperare le capacità debilitate e potenziare le capacità residue. Dare sollievo, rassicurare.

Gli ultimi 30 anni hanno rappresentato per la infermieristica un processo di decollo che pochi avrebbero immaginato prima. È un processo in cui la infermieristica comincia a costituirsi come attore sociale e, in un’etica coerente con questo pensiero, produce analisi intelligenti, dà inizio a programmi strategici e crea condizioni politiche, tecniche e umane per guidare lo sviluppo. Questo nuovo luogo è, in realtà, un luogo di distinzione per la cura umana, il luogo che le società e i soggetti, che riconoscono la loro trascendenza, le affidano con carattere di imprescindibilità.

Per questo è possibile pensare che nel contesto globale la infermieristica vive un doppio processo di cambiamento. Un cambiamento regressivo  e un cambiamento progressivo che permette di avvertire positività e negatività, unità nella diversità, possibilità di dialogo e  movimento.

Il cambiamento regressivo associa la infermieristica di molti paesi, specialmente in paesi in via di sviluppo, alle conseguenze negative della globalizzazione, le diversità e iniquità dello sviluppo e le conseguenze della riforma del settore salute.

D’altra parte si sta anche realizzando un cambiamento progressivo nel quale il contributo delle infermiere alla salute si registra su scala mondiale come inevitabile. Il progresso delle conoscenze, l’uso della tecnologia, il processo di professionalizzazione e la partecipazione delle infermiere alle decisioni politiche sulla salute rappresentano, insieme ad altri, segnali di progresso.

Non è neanche possibile descrivere un mondo omogeneo della infermieristica. Anch’essa condivide le differenze, le disuguaglianze e le iniquità della globalizzazione, confermando una mappa multicolore nel quadro della quale emerge l’unità della speranza. Dovunque ci si trovi, chiunque sia l’infermiera con cui si dialoghi, la speranza, la volontà e l’amore per la gente emergono come una distinzione unica e impegnata: quella di una migliore cura per l’umanità.

La sfida della cura

Le transizioni demografica ed epidemiologica dell’umanità, unite alle conseguenze della globalizzazione, presentano un panorama mutevole che esige dall’infermieristica un franco riposizionamento in relazione alla sua tradizione professionale. La nozione di salute globale  non è un puro concetto. È un’esperienza quotidiana di vivere nel mondo. È una realtà in crescita che richiede pensiero e responsabilità per l’umanità planetaria.

L’invecchiamento della popolazione, l’urbanizzazione, la diminuzione della fecondità, le migrazioni e le diverse cause di mortalità richiedono alle infermiere di rapidamente prevedere strategie di educazione e pianificazione per assicurare cure pertinenti agli anziani e alle vittime della violenza urbana e risposte ai problemi della transcultura di popolazioni complete e alle nuove cause di mortalità.

I disastri crescenti e i conflitti bellici richiedono alla infermieristica l’urgente sviluppo di competenze per provvedere cure in situazioni di emergenza e di programmare cure per affrontare le conseguenze  prossime di queste situazioni, fra cui la disabilità.

La povertà, l’analfabetismo, la denutrizione, la mancanza di protezione sociale, esigono dalle infermiere una revisione della loro missione ed un riorientamento verso la considerazione dei processi sociali micro e macro determinanti della salute e della malattia.

La mortalità materna e la mortalità infantile per cause prevenibili costituiscono un focus centrale della responsabilità delle infermiere.

Le malattie infettive e contagiose, la loro capacità di disseminazione a livello planetario e la loro minaccia di distruzione di complete comunità, richiedono alle infermiere un rafforzamento delle loro basi concettuali e un cambio di indirizzo epidemiologico, dei loro inteventi e della loro capacità anticipatoria e preventiva. Si richiede che l’approccio all’AIDS, come questione globale, entri definitivamente fra la preoccupazioni e l’agenda delle cure integrali dell’infermieristica.

Il suicidio, le droghe e il problema della sofferenza psichica devono diventare temi prevalenti fra gli interessi e lo sviluppo delle infermiere.

Il problema della ingiustizia nell’accesso alle ricchezze, all’attenzione alla salute e alla informazione deve costituire il centro critico di una nuova visione dell’infermieristica. La ingiustizia sottostà alla maggioranza dei problemi di salute, costituisce una questione politica e suppone innovativi interventi sociali basati sull’etica del diritto umano alla salute, alla libertà e alla cittadinanza.

Assumere il problema dell’iniquità supporrà per l’infermieristica enormi cambiamenti. Vorrà dire prendere coscienza di un orientamento all’iniquità, riconoscere che l’iniquità si esprime nella salute in modo drammatico, influire nel cambiamento dei sistemi di salute verso una cura ad accesso universale e generare buone pratiche. Però il cambiamento più essenziale resterà l’assunzione  di sé come soggetto politico in lotta per un’umanità più giusta.

L’iniquità è un male interno interno all’infermieristica. E’ sufficiente un rapido sguardo ai salari, alle giornate di lavoro, alle risorse materiali, all’accesso alla formazione  e al riconoscimento sociale delle infermiere, per prendere dolorosa coscienza di queste disuguaglianze.

Considerare  la crisi delle risorse umane nella salute del mondo, costituisce un imperativo di salute globale di difficile ma imprescindibile ed urgente approccio. Suppone focalizzare le priorità di salute delle nazioni nelle condizioni di accesso all’assistenza. In seguito richiede uno sforzo cosciente per identificare le insufficienze, la distribuzione ineguale, la mancanza di competenze, la demotivazione, le cattive condizioni di lavoro, i motivi di abbandono e le cause della mobilità internazionale, con l’oggetto di delineare la grandezza della crisi. Esige una nuova comprensione delle risorse umane nella salute come un campo di forza dove educazione e lavoro, mercato del lavoro, processi di professionalizzazione, politiche, regolazione e gestione nel contesto della dinamica economica sociale, configurano uno scenario completo di attori, interessi e tensioni che richiedono interventi a lungo termine.

La meta deve essere l’accesso equo per tutte le popolazioni a una forza di lavoro adeguatamente formata, competente e motivata per contribuire a raggiungere il più alto livello possibile di salute (20). Questo implica uno sforzo globale di immaginazione, cooperazione internazionale e alleanze per costruire una nuova storia di equità, pertinenza, impegno sociale e benessere della forza di lavoro nella salute, della quale le infermiere rappresentano una parte importante.

Comprendere la sfida

La sfida si presenta come minaccia e come opportunità. Secondo Beatriz Gomez, esimia professoressa di etica dell’Università Nazionale di Cordoba, Argentina, mancata un anno fa, la sfida della cura in un mondo globalizzato inizia con due domande:

Stiamo curando tutti?

Stiamo curando bene?

La sfida che l’infermieristica ha davanti non è piccola e non è semplice: è la sfida di curare il mondo e la sfida di curarlo bene.

La base etico-politica di questa  sfida davanti allo scenario globale ha impliciti, a mio vedere, questi sei valori essenziali:

–         Il valore del diritto alla salute e alla cittadinanza

–         Il valore dell’equità

–         Il valore dell’eccellenza

–         Il valore della tolleranza

–         Il valore della solidarietà

–         La cura come valore esistenziale

La sfida di curare le comunità in un mondo globalizzato e di curarle bene suppone una trasformazione paradigmatica della nozione di cura, storicamente focalizzata sull’individuo, che necessariamente deve partire dalla coscienza del mondo e che implica l’adozione della comunità globale come unità di analisi e soggetto di cura.

La sfida di curare il mondo e di curarlo bene, suppone un cambio di problemi, un cambio di approcci, un cambio di tecnologie, scenari differenti e pratiche diverse.

E implica la comprensione delle dialettiche mondo – regione – il mio paese – la mia città. Così, sia la rappresentazione dello stato della salute nel mondo quanto la nostra preoccupazione e il nostro impegno rispetto alla stessa passano allo stesso tempo dalla comprensione e dalla cura di questa piccola parte del mondo che è la mia città, dove il mondo si esprime integralmente per la presenza delle intermediazioni globali che, senza metafora, fanno della mia città il mondo, e dalla comprensione, dalla coscienza, dalla preoccupazione, dalla sollecitudine e dall’azione per la buona cura dell’infermieristica in altre parti del pianeta. La sfida di curare il mondo e di curarlo bene suppone azione politica, tutela, partecipazione, cooperazione e rinnovati stili di gestione, modelli educativi orientati alle priorità della salute delle nazioni in sé stesse e in interconnessione globale, nuovi oggetti di analisi, una enorme azione associativa e la definitiva adozione senza pretesti del lavoro in équipe, così come la nozione di intersettorialità.

Questo salto qualitativo è richiesto all’infermieristica in un’epoca in cui le condizioni sono già date. Le infermiere dispongono ora dello status globale di imprescindibilità dell’infermieristica, dispongono della informazione e della conoscenza scientifica, della connettività, della tecnologia della salute, della comprensione dei macrodeterminanti, della possibilità di alleanze e pratiche collaborative, dell’accesso a esperienze di successo della cura in altre parti del mondo e della capacità di solidarietà e di amore per la gente, condizioni che non hanno mai perso.

Le infermiere hanno ora lo spazio comune di speranza e la capacità di solidarietà con altre popolazioni e altre infermiere di differenti parti del mondo. La solidarietà richiede anche di globalizzarsi mediante azioni politiche e tecniche di cooperazione internazionale ordinate a confermare una rete globale di cure. Non c’è modo, ora, per disinteressarsi delle condizioni di salute nelle comunità più arretrate.

Abbiamo detto in precedenti occasioni che intendiamo l’infermieristica come una professione nel campo delle scienze sociali, il cui oggetto di studio e intervento è la cura umana in quanto si implica la costituzione, l’esperienza di vita, lo sviluppo, la protezione e il recupero della salute, che ha come beneficiario il soggetto umano come essere culturale, la famiglia, i gruppi, le comunità e la società planetaria come unità di analisi e cura. Intendiamo la cura nella sua unica possibile espressione che è quella dell’alterità, vincolo amoroso e attenzione per ogni soggetto dell’umanità.

Intendiamo l’infermieristica come la scienza, l’arte, la filosofia, l’ etica, la politica della cura umana, che si organizza e si esprime socialmente come identità singolare, in un campo complesso di conoscenze, di intervento e di responsabilità sociale propri che istituiscono la sua identità professionale in relazione alla comunità e alle altre professioni della salute.

L’infermieristica è scienza  in quanto suppone un processo di razionalizzazione del sapere ordinato dalla sistematica scientifica, in quanto si fonda e si costruisce come conoscenza scientifica singolare e in quanto riflette metodicamente sulla sua pratica, la esplora, la descrive, la spiega, la predice e la comprende. Insomma, in quanto aggiunge il sapere sulla cura umana alla conoscenza universale.

L’infermieristica è arte  in quanto creazione, espressione soggettiva e precisa per ogni atto di cura, è arte in quanto tecnica e talento sono ben implicati nella buona cura ed è arte in quanto bella e armonica si propone la esperienza estetica della cura di ogni essere umano nel suo contesto. Ma l’infermieristica è anche filosofia, in quanto indagine e domanda costante sull’esistenza umana, sulle sue vicissitudini e trascendenza e perché indaga e riflette sui fondamenti ontologici, etici, teleologici ed epistemologici della cura.

L’infermieristica è etica  perché non c’è possibilità di concetto e pratica dell’infermieristica senza la assunzione della cura come valore strutturante del dono, della solidarietà e della responsabilità sociale. In un altro senso, basato sul concetto anteriore, le infermiere non solo sviluppano per sé sistemi di valori e comportamenti professionali che regolano eticamente l’atto dell’infermieristica. La etica della cura non riunisce solo i valori umani che si definiscono di norma per questo atto, bensì il modo singolare di esistere, di vivere e di essere curato.

E infine la infermieristica è la politica della cura umana. La natura intrinsecamente politica dell’infermieristica si esprime nel suo quadro etico, concettuale e pratico in  quanto pensa alle popolazioni, si occupa dei determinanti sociali della salute e produce interventi sociali orientati alla equità. Ciò rappresenta un atto di distribuzione del potere che permette, mediante un’ azione sociale deliberata, la costruzione di un mondo un po’ migliore, più giusto. Sia perché un bambino è guarito, una malattia prevenuta, una condizione sociale redenta o una comunità rafforzata e liberata grazie alla cura.

Per questo dobbiamo capire che le infermiere costituiscono soggetti di cultura, educati per svolgere la loro missione professionale di cura con il carattere di attori sociali che partecipano, attraverso le loro relazioni di potere, alla costruzione della storia nazionale e mondiale, alla strutturazione e alla dinamica dei campi della salute e della scienza e dell’edificazione del futuro come istanza costituente dell’identità soggettiva e sociale.

Questa concezione multidimensionale dell’infermieristica contiene l’intento di provocare una discussione critica sulla sua tradizione storica correlata al modello biomedico e concentrata sull’ospedale. Una discussione che conduca a capire che l’infermieristica in se stessa è nata ed è chiamata a ricuperarsi nella sua predominante condizione comunitaria dato che è lì che la maggior parte dei problemi di salute si sviluppa, si esprime, può essere contrastata, curata e risolta. Perché è nella comunità che l’esercizio della promozione e protezione della salute può contribuire allo sviluppo sociale.

La ridefinizione e lo sviluppo dell’infermieristica costituiscono in sintesi la sfida maggiore se si capisce che, nel contesto dell’interdisciplinarietà e della complementarità intersettoriale, la infermieristica può dare il suo contributo al rinnovamento dell’assistenza primaria intesa come sistema politico, concettuale e pratico oltre che come risposta sociale alla salute delle comunità. Come settore speciale e specifico in cui la cura si sviluppa, tanto intima quanto comprensiva, tanto sollecita quanto pertinente e tanto complessa quanto qualificata, pronta a curare tutti e a curarli bene.

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Silvina Malvárez e-mail: [email protected] Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

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