Un Urlo dell’anima

Resoconto della giornata “Nascere e Morire: il travaglio della vita”, che si è svolto a Brescia il 29 novembre 2014. Nursing in movimento pubblica alcuni testi che raccontano questo evento, con l’introduzione di Mariano De Mattia che ha il merito di aver creato tutte le condizioni perché ciò si realizzasse.

Di Mariano De Mattia

1 aulaIvana è nata in Ucraina e, come tante sue connazionali, si è trasferita nel “Bel…paese” per dare una speranza alla sua famiglia ed un futuro migliore ai suoi due figli; Roman e Taras. Da circa cinque anni è riuscita anche a migliorare la nostra famiglia, sino a farne parte. Non è più soltanto la persona che ci supporta nella crescita dei nostri due figli e nella gestione delle faccende domestiche. L’onestà, la sensibilità e l’amore che mette nelle cose che fa la rende unica ed insostituibile. Ivana è stata ed è per noi una confidente, anche nelle tempeste matrimoniali. Non manca in nessuna occasione importante, dunque era con noi anche sabato 29 novembre, nell’occasione in cui tutta la nostra famiglia si è cimentata, con diversi ruoli ed interventi, nel convegno organizzato dal Nursind, Il sindacato delle professioni infermieristiche, dal titolo: “Nascere e morire, il travaglio della vita”.
Nelle ore successive alla fine del convegno, Ivana non ha fatto mancare il suo commento alla giornata: “E’ stato un urlo dell’anima, grazie Mariano”. Scambio la mia gratitudine con la sua decidendo di intitolare ed aprire questa riflessione con le sue stesse parole.
2palcoLa costruzione di quest’evento formativo ci ha permesso di infrangere per alcune ore il tabù di parlar di morte e, ancor di più, di farlo mettendola in relazione con il miracolo della nascita. E’ stata un’esperienza veramente entusiasmante, oltre che impegnativa e causa di nuove possibili sinergie tra processi di cura, teatro, letteratura, pittura, musica e poesia. In altri termini, un’occasione per consentire alle arti di parlarsi, di esprimersi come coro naturale di voci. Questo coro di biografie ha tentato e, a mio avviso, è riuscito a fare alcune delle cose che si era prefissato.
Quando un terapeuta tende a sentirsi, imporsi e comportarsi come chi pensa di essere il migliore, determina spesso un confronto impari, che per molti aspetti richiama il già dibattuto tema della comunicazione diseguale [Cfr.“La comunicazione diseguale”, di Lucetta Fontanella, Il Pensiero Scientifico Editore] e relega la persona assistita al perenne ruolo di soccombente. Proprio come capita, nella fiaba di Lucy Cousins – “Sono il Migliore”, a tutti gli amici di Billo, il cane orecchiuto che li batte impietosamente. Il successo costante di Billo è nella slealtà di chi si confronta (talvolta inconsapevolmente) sfruttando il limite altrui, motivo per il quale sconfigge l’asino nella gara di nuoto, la Coccinella nella gara della grandezza fisica, l’oca nello scavare la buca più profonda e la talpa in una gara di velocità. Salvo poi scoprirsi costantemente battuto quando si confronta con ciascuno di essi secondo le loro abilità peculiari. Ecco che allora Billo scopre che l’oca nuota più veloce, la talpa è 7 marianopiù brava a scavar buche, l’asino è molto più grande e la coccinella lo supera in volo!
Morale della favola, la grandezza è nella capacità di conoscere i propri limiti e quelli altrui, distinguere gli uni dagli altri e rispettarli entrambi con l’intento di perseguire il bene comune.
Un infinito sentimento di gratitudine ai miei figli Massimo e Siria, 6 e 4 anni, che hanno preso parte alla rappresentazione teatrale di questa fiaba, resa possibile dall’opera e dalla sapienza dei miei amici artisti Livia Castellini e Cesare Bellandi (che ha inoltre costruito personalmente gli arrangiamenti per dar vita “fisica” ai personaggi della fattoria).
Nel corso della sessione mattutina del convegno è stato nostro comune desiderio:
ribadire che nascere e morire non sono malattie da guarire, ma condizioni che chiedono spazi di cura fondati sul focolare domestico più che sul groviglio di spasmi istituzionali tipico dei vissuti ospedalieri aziendali. Ricordare e ricordarsi che un terapeuta, in quanto facilitatore, nella giunzione del travaglio di nascita e di morte ha il delicato compito di “non lasciare cadere il grido nel vuoto, soccorrere la vita che grida, tradurre il grido in domanda d’amore” [Cfr.“Non è più come una volta” di Massimo Recalcati, Raffaello Cortina Editore, Milano 2014], come ho cercato di balbettare nel corso del mio intervento; “Morire è come nascere, vuol dire solo trasformarsi”.
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Sussurrare la magia della nascita, quale momento per l’incontro tra madre e figlia/o in cui “due uno devono diventare due”, chiarendo che tutte/i quelle/i che sono alle prese con l’esperienza del parto e della nascita conoscono nel loro intimo le verità e la natura di quest’immenso atto di trasformazione. Concetti limpidi e vivi, nelle parole e nella sensibilità di Erminia Bertini; “Chi ben comincia…”.
Distinguere le cose dalle persone, ricordando che sono le seconde ad ispirare le prime. Come dimostra la sequenza espositiva scelta da Mara Fadanelli che antepone la 5 mariano sebnarrazione della storia di Kristina (alle prese con la perdita di suo marito e la ricostruzione della sua famiglia, che come l’araba fenice rinasce proprio dalle ceneri…più bella di prima) al panorama delle leggi in materia di bioetica e deontologia infermieristica; “Narrare e ascoltare come processo di cura”.
Narrare l’esperienza partendo dal vissuto delle protagoniste, ponendo il focus sui significati che ciascuna donna attribuisce alla costruzione della sua nuova famiglia, quando questa si apre alle vite in arrivo. Un grazie speciale, per questo preziosissimo contributo, alle neo-mamme del gruppo bresciano Marea; “Le donne raccontano, possiamo ascoltarle”.
A Sebastiano Castellano, pensatore nato, è toccato l’arduo incarico di sollevare le coscienze dei partecipanti verso quella dimensione culturale che fa di una professione un esercizio consapevole dei nessi tra sapere ed essere, dunque tra biografie e possibilità di curare e curarsi. Nell’excursus letterario del “Venire alla luce e andare verso la luce”, Sebastiano ha invitato, citandoli, diversi autorevoli scrittori ad accomodarsi nelle nostre vite per l’istante di una riflessione.
La sessione pomeridiano si è aperta con lo spettacolo teatrale di e con Livia Castellini e Cesare Bellandi; “Libertà vigilata”. Come ormai accade annualmente, dal 2012, Livia e la sua compagnia itinerante costruiscono e mettono in scena preziosi contributi tessuti su misura. Come un abile sarto fa con le confezioni più pregiate, Livia e Cesare hanno scelto ad animo libero tutti gli elementi (storie, musiche, strumenti, pause e luoghi mentali) per confermare la faco3abbraccioltà più intima del teatro; aprire ed aprirsi, affermare le verità più profonde mediante la messa in scena. Lo spettacolo di quest’anno ha lasciato la platea senza fiato e parole, solo il lungo infrangersi di mani, la standing ovation e le incoercibili lacrime di artisti e spettatori possono dare il senso e la misura di questo regalo.
La qualità ed il numero degli interventi, nello spazio finale destinato alla plenaria, hanno confermato che la formazione scientifica auto-determinata ad un costo sostenibile, la didattica partecipativa e la possibilità di portare a casa importanti contenuti per alimentare cuore e cervello non sono utopie, ma un sogno che diventa realtà, quando a sognarlo cominciano ad essere in tanti!
4 proiezioneSperiamo che questo evento trovi opportunità di ripetizione e diffusione, speriamo che nasca un laboratorio permanente sulla questione del nascere e del morire, in ospedale, a casa, in ciascuna delle nostre esistenze. Speriamo in un nuovo pensatoio!

 

Interventi della giornata

Morire è come nascere, vuol dire solo trasformarsi di Mariano De Mattia

Chi ben comincia… di Erminia Bertini  

Narrare e ascoltare come processo di cura e per garantire il diritto di autodeterminazione  di Mara Fadanelli

Seb Venire alla luce e andare verso la luce di Sebastiano Castellano

Tre mamme raccontano