Influenza aviaria. Tre domande intorno alla salute globale.

Gavino Maciocco
Presidente dell’Osservatorio Italiano per la Salute globale

Il pericolo si annida in qualche allevamento di pollame del Vietnam e dell’indonesia, o della Cambogia, della Tailandia e della Cina, o forse del Laos. In questi paesi – elencati in ordine di gravità – si sta sviluppando l’epidemia di influenza aviaria (H5N1). In quattro di questi paesi – Vietnam, Indonesia, Cambogia e Tailandia – sappiamo con certezza che il virus dell’influenza aviaria è stato trasmesso all’uomo (fino ad oggi complessivamente si registrano 113 casi di cui 58 letali; nel solo Vietnam 90 casi di cui 40 letali). Sappiamo anche che il virus aviario non si trasmette da uomo a uomo; se però una persona si infetta contemporaneamente con virus aviario e virus umano si può verificare una ricombinazione di materiale genetico tra i due virus e la creazione di un ceppo completamente nuovo, un virus in grado di trasmettersi da uomo a uomo e nei confronti del quale nessuna popolazione ha mai sviluppato anticorpi (la ricombinazione può avvenire anche in animali, come i maiali, per poi passare all’uomo). Un virus in grado di provocare un’epidemia su scala planetaria, una pandemia

Una prima domanda. Ci sono meccanismi per annullare, o almeno contenere, il rischio e allontanare questa terribile minaccia?

La risposta è: assolutamente sì.

Sono misure di sanità pubblica che possiamo rapidamente passare in rassegna: 1) Gli allevamenti di polli dovrebbero essere attentamente sorvegliati e ai primi casi di malattia dei volatili attuare tempestivamente i provvedimenti di abbattimento. Ciò comporta due fondamentali condizioni: a) la presenza di servizi veterinari in grado di intervenire; b) il risarcimento degli allevatori per l’abbattimento degli allevamenti infetti; 2) I casi umani infettati da virus H5N1 dovrebbero essere tempestivamente identificati e ancor più i possibili casi di coinfezione da influenza aviaria e influenza umana, attuando tutte le necessarie misure di prevenzione per le persone infettate e per i contatti; 3) Una volta che il nuovo virus ha cominciato a circolare vanno attuate tutte le possibili misure per arginare l’epidemia, per rallentare la diffusione dell’infezione, per consentire alla comunità internazionale e ai singoli paesi di attuare le necessarie misure di prevenzione: distribuzione di farmaci antivirali, produzione e somministrazione dei vaccini, etc.

Una seconda domanda. Tutto ciò è stato fatto/è fattibile nelle aree attualmente colpite dall’epidemia di influenza aviaria?

La risposta è: assolutamente no.

E il motivo è molto semplice da spiegare: per attuare le misure di cui sopra serve un sistema sanitario robusto ed efficiente, dotato di servizi di sanità pubblica diffusi molto capillarmente, in grado di raggiungere anche le aree più lontane e disperse di un paese. Ebbene, i sistemi sanitari dei paesi dove sta dilagando l’epidemia tra i volatili e dove potrebbe – in un qualsiasi momento – prendere origine il virus in grado di provocare la pandemia, sono tutto fuori che robusti ed efficienti; sono sistemi poverissimi, come molto povera è la grande maggioranza di quelle popolazioni. La spesa sanitaria totale pro-capite del Vietnam è di 23 dollari (tanto per avere un metro di confronto: Italia $ 2.150, Usa $ 5.300), non stanno molto meglio Cambogia ($ 32) e Indonesia ($ 26). Sistemi sanitari poverissimi e quasi completamente privatizzati: nei tre paesi che abbiamo sopra nominato la spesa sanitaria pubblica pro-capite è ridotta ai minimi termini (Vietnam $ 6, Cambogia $ 5, Indonesia $ 9). Quindi nessun effettivo controllo veterinario sugli allevamenti di polli; gli stessi allevatori evitano di segnalare i casi di malattia per timore dell’abbattimento dei volatili, dato che nessun risarcimento gli viene erogato. Riconoscere tempestivamente le persone infettate, al fine di isolarle, identificare i contatti e quindi contenere la diffusione dell’infezione, è impresa praticamente impossibile; in questi paesi chi si ammala deve pagarsi le cure e chi è povero, anche se molto malato, evita di andare in ospedale.

Infine, una terza domanda. Quali altri segnali dobbiamo attenderci per capire che in un mondo così diseguale nessuno si può sentire al riparo?