Le diseguaglianze nella salute all’interno di una nazione

Le relazioni tra condizioni socio-economiche e stato di salute. Secondo la tesi di David Coburn il neoliberismo indebolendo o annullando il welfare state, determina sia elevate disuguaglianze nel reddito, sia più bassa coesione sociale, ed infine un basso stato di salute della popolazione; è quindi necessario risalire alle cause che generano la disuguaglianza nella distribuzione del reddito.

Gavino Maciocco
Dipartimento di Sanità Pubblica Università di Firenze

Introduzione
E’ noto da tempo che esiste una relazione inversa tra condizione socio-economica e stato di salute della popolazione all’interno di un paese. Nella maggior parte dei paesi industrializzati le disuguaglianze nella salute non si sono ridotte nonostante l’accresciuto benessere e il miglioramento nella longevità.
E’ del 1998 l’ultimo rapporto sulle diseguaglianze nella salute in Inghilterra[1]; il documento analizza, tra l’altro, l’andamento della mortalità negli ultimi 30 anni, per tutte le cause e per una serie di cause specifiche, correlandolo con sei differenti gruppi di popolazione selezionati per classe lavorativa[*]. Nella figura è riportato l’andamento della mortalità per tutte la cause tra la popolazione maschile di 20-64 anni, rilevata negli anni 1970-72, 1979-83, 1991-93. Il grafico rivela che: a) i livelli di mortalità delle sei classi sociali registrano un ordine inversamente corrispondente al livello delle classi sociali, b) nette differenze si evidenziano tra i professionisti e i tecnici-manager, che registrano i livelli di mortalità più bassi, gli specializzati e semispecializzati, che occupano una posizione mediana, e i non specializzati che presentano i livelli di mortalità più alti, c) nell’arco di venti anni i livelli di mortalità sono diminuiti in tutte le classi, ma il divario tra le classi più ricche e quella più povera si è considerevolmente allargato: tra gli inizi degli anni 70 e 90 i tassi di mortalità sono calati del 40% nelle classi I e II, del 30% nelle classi IIIN, IIIM e IV, e di solo il 10% nella classe V. Queste crescenti differenze nello stato di salute tra i vari gruppi sociali si riscontrano anche nelle cause di morte specifiche: nelle malattie coronariche, nell’ictus, nei tumori del polmone e nei suicidi tra gli uomini e nelle malattie respiratorie, nelle malattie coronariche e nei tumori del polmone tra le donne. Tali differenze nei tassi di mortalità si traducono nella differenza nella speranza di vita alla nascita tra classi più ricche e più povere: di cinque anni tra gli uomini (75 anni rispetto a 70), di tre anni tra le donne (80 anni rispetto a 77).
Analoghe tendenze si verificano negli USA dove, analizzando lo stato di salute (espresso in speranza di vita sana all’età di 30 anni) di diversi gruppi di popolazione – bianchi e afro-americani con differenti livelli di scolarizzazione -, si registrano crescenti diseguaglianze sia tra i due gruppi razziali, che all’interno di essi[2] .

Due diverse teorie: neo-materialista e psico-sociale.

In che misura e attraverso quali meccanismi le diseguaglianze nel reddito influiscono sullo stato di salute degli individui e quindi della popolazione? Al riguardo esistono due principali interpretazioni, a cui corrispondono due differenti teorie, l’una “neo-materialista” che fa capo John W Lynch (Scuola di Sanità Pubblica, Università del Michigan, USA), l’altra “psico-sociale” rappresentata da Richard G Wilkinson (Centro per le Ricerche Mediche, Università di Sussex, Brighton, UK).
La teoria “neo-materialista” sostiene che una società con maggiori ineguaglianze nel reddito avrà una più alta percentuale di persone con reddito basso e poiché è ampiamente dimostrato che il reddito individuale è fortemente associato a differenze individuali nella salute, l’alta prevalenza di poveri in una società spiega la relazione con i bassi livelli di salute della popolazione. Secondo tale visione, le ineguaglianze nella salute sono il risultato di differenti accumulazioni di esposizioni e di esperienze che hanno la loro radice nel mondo materiale. Gli effetti delle ineguaglianze nel reddito sulla salute sono la conseguenza di una combinazione di esposizioni negative e di una mancanza di risorse economiche individuali, associate a un sistematico scarso investimento in una serie di infrastrutture umane, fisiche, sanitarie e sociali. L’ineguale distribuzione del reddito è il risultato di processi storici, culturali e politico-economici. Tali processi influenzano la disponibilità di risorse private per gli individui e determinano la natura delle infrastrutture pubbliche: l’educazione, i servizi sanitari, i trasporti, il controllo sull’ambiente, la disponibilità di cibo, la qualità delle abitazioni, le regole nei luoghi di lavoro – tutto ciò insomma che costituisce la “matrice neo-materiale” della vita contemporanea. Così l’ineguaglianza nel reddito non è altro che una manifestazione di un gruppo di condizioni “neo-materiali” che influiscono sulla salute della popolazione. Investimenti strategici nelle condizioni neo-materiali, attraverso una più equa distribuzione delle risorse pubbliche e private, possono garantire il maggiore impatto nel ridurre le diseguaglianze nella salute e migliorare la salute pubblica sia nei paesi ricchi che nei poveri nel 21° secolo[3].
Partendo dalla constatazione che all’interno di una società la salute è correlata con il reddito, i sostenitori della teoria “psico-sociale” propongono un’interpretazione che si discosta profondamente dalla precedente: le diseguaglianze nel reddito determinano in coloro che si trovano nei gradini più bassi della scala sociale un insieme di emozioni negative, come la vergogna e la disistima, che si traducono in stati di salute precari attraverso meccanismi psico-neuro-endocrini e comportamenti dannosi per la salute. “Il consumo di beni – scrive Wilkinson -, oltre a soddisfare i bisogni primari, serve ad appagare gli individui sul piano sociale, psico-sociale, e simbolico. Il consumo di beni esprime identità. La propria immagine è arricchita dal possesso. Acquistare rappresenta una vera e propria terapia. Il benessere è un marker di stato sociale, successo e rispettabilità, come la povertà è stigmatizzante. Nel lavoro, redditi più alti sono associati con minore subordinazione, maggiore autonomia e controllo, e minore pericolo di disoccupazione. Anche il paleo-materialismo di Marx riconosceva gli effetti psico-sociali delle ineguaglianze nel reddito: ‘Una casa può essere grande o piccola; finché le case circostanti sono ugualmente piccole, ciò soddisfa tutte le esigenze sociali dell’abitare. Ma se un palazzo viene costruito accanto a una piccola casa, questa si rimpiccolisce fino a diventare un tugurio e coloro che la abitano si sentiranno sempre più a disagio, sempre più insoddisfatti e ristretti all’interno di quelle quattro mura’.”. Maggiori sono le ineguaglianze nel reddito, crescenti sono i fenomeni di razzismo e di discriminazione nei confronti delle donne. Esiste una vera e propria “cultura dell’ineguaglianza” che è più aggressiva, meno socievole, più violenta e più sospettosa. Le persone con valori meno egualitari si dimostrano essere più razziste, classiste e razziste. A supporto di tale tesi Wilkinson porta numerosi dati tra cui la differenza nella speranza di vita alla nascita tra i neri in USA, 66.1 anni, e gli abitanti della Costa Rica, 75 anni, nonostante che i primi godano di un reddito medio pro-capite di 26,522 $ contro i 6,410 $ dei secondi. Un reddito quattro volte superiore “compra” una speranza di vita di nove anni inferiore. La spiegazione delle precarie condizioni di salute degli afro-americani – secondo Wilkinson – sta negli effetti psico-sociali di una deprivazione relativa, che si accompagna a svantaggi educativi, al razzismo, alla discriminazione di genere, alla disgregazione sociale e familiare, alla paura della criminalità, più che negli effetti diretti delle condizioni materiali. La distinzione tra effetti diretti delle condizioni materiali (malnutrizione, freddo, inquinamento dell’aria e dell’acqua) sulla salute e gli effetti mediati psico-socialmente della deprivazione relativa – sostiene l’autore inglese – hanno importanti implicazioni politiche. “Se, nello spirito del neo-materialismo, viene dato ad ogni bambino l’accesso al computer e ad ogni famiglia un’auto, se viene ridotto l’inquinamento dell’aria e dell’ambiente, abbiamo risolto i problemi? Noi crediamo di no. Gli effetti psico-sociali della deprivazione relativa che provocano insicurezza, ansietà, isolamento, comportamenti sociali rischiosi, prepotenza e depressione rimangono intatti. L’evidenza dimostra che questi fattori influenzano la salute e che la loro prevalenza è determinata dalla struttura socio-economica della società e dai comportamenti delle persone all’interno di questa”[4]. Lynch risponde a Wilkinson con una metafora. “Per apprezzare come le condizioni neo-materiali possono influenzare la salute, può essere utile considerare la metafora del viaggio aereo. Differenze nelle condizioni neo-materiali tra la prima classe e quella economica possono produrre diseguaglianze nella salute dopo un lungo viaggio. I passeggeri della prima classe, tra i vari vantaggi come un miglior cibo e un servizio più accurato, dispongono di più spazio e di una poltrona che si può reclinare come un letto. I passeggeri di prima classe arrivano a destinazione riposati e rinfrescati, mentre molti nella classe economica sono distrutti. Secondo l’interpretazione psico-sociale, queste ineguaglianze nella salute sono dovute alle emozioni negative provocate dalla percezione di uno svantaggio relativo. Secondo l’interpretazione neo-materialista, i passeggeri in classe economica hanno uno stato di salute peggiore perché stanno a lungo in uno spazio ristretto, in una poltrona scomoda e non possono dormire. Il fatto di vedere i passeggeri di prima classe seduti in comode poltrone, quando vanno su e giù per l’aereo, non è la causa del loro malessere. Secondo l’interpretazione psico-sociale queste disuguaglianze nella salute sarebbero ridotte abolendo la prima classe, o attraverso una psicoterapia di massa per modificare la percezione dello svantaggio relativo. Secondo il punto di vista neo-materialista la soluzione potrebbe essere trovata migliorando le condizioni dei passeggeri in classe economica. Naturalmente questa semplicistica metafora presume che le condizioni in prima classe e in quella economica siano indipendenti – nel mondo reale i miglioramenti di quelli che si trovano nella classe economica sono contrastati da quelli che si possono permettere di viaggiare in prima classe.[5]”
Nessun dubbio che il confronto tra le due visioni continuerà[6].

Risalire alle cause che generano le diseguaglianze: la tesi di David Coburn

La tesi di D. Coburn[7], del Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica, Università di Toronto, Canada, è che bisogna risalire alle cause che generano la disuguaglianza nella distribuzione del reddito; si scoprirà allora che il neo-liberalismo (ovvero il dominio del mercato), indebolendo o annullando l’welfare state, determina sia elevate disuguaglianze nel reddito, sia più bassa coesione sociale, ed infine un basso stato di salute della popolazione o uno stato di salute della popolazione più basso di quello che ci si potrebbe attendere.

Neo-liberalismo, welfare state e ineguaglianze

I principi generali del neo-liberalismo – la “filosofia” della nuova destra – sono:
1. i mercati sono i migliori e più efficienti allocatori delle risorse nella produzione e nella distribuzione;
2. le società sono composte di individui autonomi (produttori e consumatori), motivati principalmente o esclusivamente da considerazioni economiche e materiali;
3. la competizione è il maggior veicolo per l’innovazione.
L’essenza del neo-liberalismo, nella sua forma pura, è una più o meno stretta adesione ai dogmi dell’economia di mercato e, di conseguenza, a una società orientata al mercato. Anche se qualche neo-liberale sostiene che non vi è un rapporto diretto tra modello economico e tipo di società, la posizione di Coburn. è che l’economia, lo stato e la società civile sono di fatto inestricabilmente interrelati.
I neo-liberali non sono particolarmente preoccupati delle ineguaglianze: se il mercato è il migliore e più efficiente allocatore delle risorse, essi sono inclini ad accettare qualsiasi conseguenza derivi dal mercato. L’ welfare state interferisce con il normale funzionamento del mercato, per questo motivo i neo-liberali si oppongono a ogni intervento che possa danneggiare l’opera della “Mano Invisibile”. Ancora: i neo-liberali affermano che le ineguaglianze sono il necessario sotto-prodotto del buon funzionamento dell’economia e sono anche “giuste” perchè rispondono al principio che se qualcuno entra nel mercato, qualcun altro ne esce. Quindi le azioni dello stato per correggere le “distorsioni” del mercato sono non solo inefficienti, ma anche ingiuste, “non etiche”.
L’ welfare state è nato negli stati liberali per correggere le ineguaglianze prodotte dal mercato, sottraendo ai criteri del mercato alcuni settori della vita sociale, come l’educazione e la sanità. Così sia la salute, attraverso gli effetti del welfare state sui determinanti sociali della salute, sia i servizi sanitari, attraverso l’istituzione di varie forme di servizi sanitari nazionali, sono strettamente collegati al destino del welfare state. Si può discutere se gli effetti del welfare state siano diretti e materiali o indiretti e psico-sociali, ma è verosimile che siano sia materiali che psico-sociali – “le politiche redistributive sono importanti materialmente e psico-socialmente”. “Alti livelli di spesa sociale e di tassazione, come proporzione del PIL, sono associati a una più lunga speranza di vita, a una più bassa mortalità materna e a una minore percentuale di neonati con basso peso” (G.D. Smith).
Il neo-liberalismo ha oggi contagiato – attraverso i meccanismi della globalizzazione – tutte le economie del mondo, sia pure in misura diversa, e vi sono chiare prove che esso è associato a (più o meno) rapide e crescenti ineguaglianze: queste sono più evidenti nei paesi che hanno adottato politiche neo-liberali più radicali. Si può quindi sostentere che i mercati producono ineguaglianze nel reddito e che il neo-liberalismo si oppone a misure che tendono a redistribuire il reddito.
Di qui l’affermazione: “Quanto più un regime è neo-liberale e orientato al mercato, tanto più grandi sono le ineguaglianze nel reddito”.

Neo-liberalismo, ineguaglianze nel reddito e coesione sociale

Vi sono molti argomenti per sostenere che le dottrine neo-liberali sono antitetiche alla coesione sociale.
Mentre nella precedente teoria liberale lo stato era visto come almeno parzialmente rappresentativo del generale interesse della società, nella prospettiva neo-liberale esso deve avere il più basso profilo possibile.
E’ ben noto che la visione neo-liberale è individualistica piuttosto che collettivista o comunitaria. C’è una netta distinzione tra la concezione collettivista o comunitaria, inclusa la nozione che alcuni beni possono essere messi in comune, e quella del mercato. Così il primo atto dei regimi neo-liberali contemporanei è stato quello di privatizzare le organizzazioni e le funzioni dello stato, considerate un bene comune. Le privatizzazioni di fatto significano il trasferimento alla proprietà individuale delle funzioni che prima appartenevano allo stato, come espressione della società, o di quei beni che precedentemente erano considerati proprietà di tutti (l’ambiente, la terra, la pesca, etc.).
La concezione di “cittadinanza”, collegata alla titolarità di particolari diritti, sociali e politici, è un concetto inclusivo. Misure di cittadinanza universali, rivolte cioè a tutti, comportano che tutti siamo membri della stessa società e tutti ne beneficiano nella stessa misura. I programmi neo-liberali di welfare sono invece mirati a particolari gruppi di popolazione e possono essere definiti esclusivi, in quanto tendono a privatizzare gli effetti negativi del mercato. L’implicazione dei programmi “mirati” è che sono le famiglie o gli individui a rappresentare un problema e non la struttura delle opportunità all’interno della società.
I neo-liberali generalmente considerano ogni cosa appartenente alla sfera pubblica come qualcosa che meriterebbe di essere privatizzato; il risultato di ciò è l’attitudine a valorizzare ogni bene privato e a denigrare ogni bene pubblico.
Data l’assenza di ogni sentimento di comunità, i neo-liberali di fronte ai problemi della società invocano soluzioni individualistiche basate sul mercato. Così le comunità protette da reti e cancelli e il ricorso alla polizia privata sono la risposta alla criminalità, le assicurazioni private la risposta ai crescenti bisogni sanitari di una popolazione sempre più vecchia. C’è una costante enfasi a favore del trasporto privato rispetto a quello pubblico, della scuola privata rispetto a quella pubblica, dell’assistenza sanitaria privata rispetto a quella pubblica. La riduzione del ruolo dello stato significa riduzione della spesa pubblica, per questo i neo-liberali sono fortemente a favore della riduzione delle tasse. Minori tasse significano una minore capacità del governo di ridistribuire il reddito e quindi la privatizzazione dei rischi e delle opportunità all’interno della società.
La privatizzazione e la mancanza di legami (non contrattuali) tra cittadini comporta la crescita generalizzata dello scetticismo e della sfiducia reciproca. Se ognuno è legittimato a ricercare il proprio egoistico interesse economico – come predica il neo-liberismo – ci sono molte ragioni per un diffuso sospetto sulle intenzioni degli altri. Le conseguenze di tutto ciò possono essere: la crescente enfasi sull’arricchimento individuale a spese di obiettivi generali e collettivi, il disprezzo per le istituzioni pubbliche e il mancato supporto a quelle organizzazioni attraverso le quali gli ideali collettivi sono espressi, mantenuti in vita o riprodotti.
Inoltre, poichè i mercati sono efficienti (e giusti) allocatori delle risorse, allora i problemi economici e sociali sono da attribuire ai fallimenti individuali. Se i mercati forniscono alle persone ciò che si meritano, allora è probabile che l’atteggiamento prevalente sia quello di biasimare e punire chi è in difficoltà, piuttosto che aiutarlo. Così i destinatari delle misure di welfare sono considerati dei buoni a nulla, dei parassiti (welfare bums).
Mentre si afferma che il neo-liberalismo produce un ridotto senso della comunità, si potrebbe anche dire che la diffusione del neo-liberismo è esso stesso un indicatore del declino dei sentimenti di solidarietà sociale all’interno della società. La crescita politica del neo-liberismo va di pari passo con una visione più individualistica della società e forse riflette il declino della nozione “siamo tutti nella stessa barca”. Non sono solo le politiche neo-liberiste a minare le infrastrutture sociali che sostengono la coesione sociale, ma gli stessi movimenti neo-liberali sono in parte la causa del declino della coesione sociale.
Di qui l’affermazione: “ Quanto più una società è orientata verso il mercato, tanto maggiore è la frammentazione sociale e minore è la fiducia e coesione sociale”.

Gli effetti della globalizzazione

Coburn ritiene che sia importante dare una spiegazione ai meccanismi che sono alla base della crescita del neo-liberismo e di come questi influenzano le crescenti disuguaglianze nella condizione socio-economica. A questo riguardo utilizza l’analisi di Ross e Trachte[8].
La crescente globalizzazione del capitale finanziario e industriale ha ridotto il potere delle autorità nazionali, regionali e locali e ha determinato una rottura degli equilibri di potere tra classe lavoratrice e capitale, che nel passato avevano consentito lo sviluppo di politiche di welfare finalizzate alla ridistribuzione del reddito. La globalizzazione dell’economia sta portando a una nuova fase del capitalismo in cui aumenta il potere degli affari e diminuisce l’autonomia degli stati: la conseguenza è lo strapotere delle dottrine e delle politiche del mercato e l’incremento delle ineguaglianze.
Il declino del potere della classe lavoratrice rispetto a quello del capitale “globale” è caratterizzato dal dominio delle politiche e delle ideologie neo-liberali, dall’attacco al welfare state, dal predominio degli interessi delle imprese nel mercato. Tutto ciò è associato a una minore capacità di contrattare misure di welfare e determina inevitabilmente una più elevata disuguaglianza nel reddito, una minore coesione sociale e, direttamente o indirettamente, un peggiore stato di salute della popolazione.
Gli argomenti qui presentati – conclude l’A. – enfatizzano una relazione unica tra neo-liberalismo, ineguaglianze nel reddito, frammentazione sociale e minore livello dello stato di salute della popolazione. Ciò solleva il problema di un’analisi più approfondita delle varie ipotesi che collegano l’ineguaglianza nel reddito e stato di salute. E’ auspicabile che la discussione si focalizzi su i più ampi fattori sociali, politici ed economici che fino ad oggi sono stati largamente ignorati nella letteratura riguardante le ineguaglianze nello stato socio-economico e stato di salute. L’ineguaglianza non è una condizione necessaria prodotta da forze extra-umane. Il grado di queste ineguaglianze è chiaramente influenzato dalle politiche internazionali, nazionali e locali che sono soggette a essere cambiate. Noi possiamo ignorare questi processi o cercare di comprenderli e cominciare a cambiarli.

Conclusioni

L’articolo di D. Coburn, pubblicato su Social Science & Medicine, ha provocato un intenso dibattito
nelle pagine della rivista, in cui sono intervenuti tra gli altri anche Wilkinson[9] che Lynch[10].
Quest’ultimo, recependo le tesi di Coburn, ha rielaborato l’interpretazione neo-materialista delle ineguaglianze nel reddito e nella salute, come descritto graficamente nella Figura 4.
Alvin R. Tarlov, dell’Università di Houston, Texas, USA, commentando l’articolo di Coburn, scrive: “Lo schema concettuale di Coburn va oltre i precedenti lavori sulle diseguaglianze nel reddito e oltre le precedenti considerazioni di classe che sono state invocate come spiegazioni dei gradienti di salute. Egli va oltre le varie spiegazioni macro-sociali che di volta in volta sono state presentate, come la tassazione regressiva, il diminuito potere della classe operaia, l’instabilità dell’occupazione, la mancanza di fiducia nello stato, e così via. La sua ipotesi è particolarmente attraente perché unifica una dozzina di variabili che sono state esaminate all’interno di un coerente insieme di fattori inter-correlati. La sua tesi è compatibile con alcuni dati emersi nel Regno Unito negli ultimi 30 anni che dimostrano la crescente influenza dei determinanti sociali sulla salute della popolazione. Questa tendenza coincide con il crescente divario nella distribuzione del reddito negli ultimi 50 anni e coincide anche con il progressivo spostamento verso il dominio del mercato negli affari, nei governi nazionali, e nell’organizzazione sociale in tutto il mondo. La tesi di Coburn sembra essere plausibile, ma è lontana dall’essere provata. Per testare questa ipotesi sono necessarie nuove misure e nuovi studi. Nell’economia, nella finanza, nella politica e nel governo internazionale qualche attenzione dovrebbe essere rivolta alla possibilità di introdurre una variabile addizionale, la salute appunto, nelle considerazioni del bilancio efficienza-equità nell’economia globale in così rapida evoluzione. Il campo dei determinanti sociali è stato finora competenza dell’epidemiologia e della sociologia. Lentamente, ma apprezzabilmente, i metodi e le teorie di altre discipline intellettuali, inclusa l’economia, le scienze politiche e l’antropologia, stanno dimostrando interesse alla ricerca di spiegazioni dei fenomeni delle differenze e dei concetti di strategie pubbliche che possano preservare e rafforzare la salute umana in un periodo di cambiamento sociale esplosivo. Le tesi di Coburn dimostrano quanto i concetti della scienza politica e della filosofia economica possano essere utili per comprendere la complessità delle differenze nella condizione socio-economica e nella salute”[11].

[*] La classificazione delle classi lavorative comprende: I. Professionisti (avvocati, medici, commercialisti, etc.); II. Tecnici & Managers (dirigenti, insegnanti, giornalisti, infermieri, etc.); IIIN, Specializzati Non Manuali (impiegati, cassieri, commessi, etc.); IIIM, Specializzati Manuali (falegnami, carpentieri, autisti, cuochi, etc.); IV, Semispecializzati (guardiani, operai, contadini, etc.); V, Non Specializzati (manovali, addetti alle pulizie, etc.).

[1] Department of Health, Inequality in Health, The Stationary Office,London, 1998. pp. 12-13.

[2] E.M. Crimmings, Y. Saito, Trends in healthy life expectancy in the United States, 1970-1990: gender, racial, and educational differences, Social Science & Medicine, 52 (2001), 1629-1641.

[3] JW Lynch, GD Smith, GA Kaplan, JS House, Income inequality and mortality: importance to health of individual income, psychosocial environment, or material conditions, BMJ 2000; 320:1200-4.

[4] M Marmot, RG Wilkinson, Psychosocial and material pathways in the relation between income and health: a response to Lynch at al., BMJ 2001; 322:1233-6.

[5] JW Lynch, GD Smith, GA Kaplan, JS House, ibidem, p. 1202.

[6] Nel primo numero dell’anno 2002 del British Medical Journal (Vol. 324, 5 January) sono stati pubblicati una serie di articoli che avvalorano la teoria neo-materialista: JP Mackenbach, Income inequality and population health; M. Osler et al, Income inequality, individual income, and mortality in Danish adults: analysis of pooled data from two cohort studies; K. Shibuya et al, Individual income, income distribution, and self rated health in Japan: cross sectional analysis of nationally representative sample; R. Sturm et al, Relations of income inequality and family income to chronic medical conditions and mental health disorders: nationally survey in USA.

[7] D. Coburn Income inequality, social cohesion and health status of populations: the role of neo-liberalism Social Science & Medicine 51 (2000) 135 – 146

[8] RJS Ross, Trachte, Global Capitalism, the New Leviatan, State University of New York, Albany, NY, 1990.

[9] RG Wilkinson, Deeper than “neoliberalism”. A replay to David Coburn. Social Science & Medicine 51 (2000) 997-1000.

[10] JW Lynch, Income inequality and health, expanding the debate, Social Science & Medicine 51 (2000) 1001-1005.

[11] AR Tarlov, Coburn’s thesis: plausible, but we need more evidence and better measures, Social Science & Medicine 51 (2000) 993-995.