Sanità, infermieri e migrazioni – Firenze 25 maggio 2007

Sede Stazione di confine Firenze
Presentazione:

L’immigrazione di infermieri stranieri è un fenomeno crescente che riguarda una percentuale molto alta di nuovi iscritti all’Albo Professionale.
Senza alcun dubbio l’infermieristica è la prima tra le professioni ad essere interessata da un flusso consistente di stranieri. Le principali cause risiedono nella cronica carenza di infermieri e dall’ingresso nel mercato del lavoro di infermieri stranieri fuori quota.
Il fenomeno migratorio è tuttavia accompagnato da situazioni di estrema criticità (precarietà, sfruttamento) che si presentano disomogeneamente sul territorio nazionale e che vanno conosciute e affrontate dai collegi professionali.
Obiettivi: Presentare dati, informazioni, testimonianze sulle nuove forme di precarietà e sfruttamento nell’assistenza infermieristica; mettere a conoscenza dell’esistenza di forme di reclutamento illegale di infermieri stranieri; riflettere sui nodi critici dell’esternalizzazione dei servizi infermieristici con particolare riferimento agli infermieri stranieri.

Temi trattati:
Le nuove forme di precarietà nell’assistenza infermieristica.
Metodi illegali di reclutamento e sfruttamento degli infermieri stranieri
Esternalizzazione dei servizi infermieristici nel servizio pubblico
La migrazione degli infermieri come opportunità: proposte

Programma:
15,30 Presentazione del tema Giancarlo Brunetti
16,00 Legge 30: vita di A. Teatri OFFesi di Pescara
17,00 Discriminazione razziale nella sanità: il caso degli infermieri Emanuele Galossi IRES-CGIL
17,30 La professione infermieristica e le nuove forme di lavoro precario.
Tre interventi di Nursing in movimento
Contesto: Mariano De Mattia,
riflessioni: Sabrina Lovato
Proposta: Palma Bernardi
18,30 Discussione
19,00 Aperitivo e chiacchiere

Locandina della giornata

Di seguito descrizione delle relazioni

Presentazione:

Giancarlo Brunetti
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Sanità infermieri e migrazioni tre realtà che si intrecciano. Un tema poco conosciuto, sul quale sono scarse informazioni e dati, frammentarie le testimonianze.
Parliamo degli infermieri stranieri che sono arrivati in Italia negli ultimi anni per colmare una carenza ormai cronica, Romania, Polonia, Perù, Tunisia, India….
Nell’85% sono donne, con il loro lavoro mantengono i figli e la famiglia rimasti nel  paese di origine.
La legge bossi-fini ha abilitato agenzie interinali e cooperative al reclutamento, un business da 300 milioni di euro l’anno.
Il trattamento economico è più basso rispetto ai colleghi di ruolo nel SSN.
La legge 30, legge Biagi, ha permesso a queste agenzie e cooperative di mettere sul mercato prestazioni infermieristiche e negli ospedali pubblici dove la carenza di personale è più acuta (Piemonte e Lazio) utilizzano di norma questo mercato.
Molti infermieri vengono reclutati con sistemi illegali, raggirati da “scafisti della sanità” alimentando un vero e proprio caporalato.
Sono le nuove forme di lavoro precario nell’assistenza infermieristica, le nuove forme di esternalizzazione dei servizi pubblici che ancora in Toscana non sono presenti.
Ma attenzione! Una breccia si è aperta nel sistema sanitario pubblico introducendo le prime forme di privatizzazione.
Dietro a questo contesto tante storie di infermieri che non sono mai state raccontate, di una sanità che cambia.
Normalmente si usa definire prima il contesto di un fenomeno, poi ci si addentra nei dettagli.
Oggi useremo un metodo diverso e inconsueto, vogliamo partire raccontandovi una storia, una storia incredibile, ma vera, la storia di un infermiere marocchino.
Poi cercheremo di chiarire il contesto che ha determinato il destino di questa vita, cercheremo di riflettere sui perché e proveremo a fare delle proposte e condividerle con voi.

Legge 30: vita di Abdel-Una storia vera di estrema precarietà

Teatri – OFFesi

TOff Firenze maggio 2007

Abdel è un infermiere precario. E’ arrivato dal Marocco molti anni fa e si è diplomato infermiere in Italia ma, a causa di una Legge dello Stato, non può partecipare a concorsi pubblici.
E’ qui, da questa assurda norma, che comincia la breve e sventurata carriera professionale di Abdel.
Una Agenzia di Intermediazione lo impiega come infermiere presso un grande ospedale in cambio di un salario modesto e condizioni di lavoro svantaggiose rispetto ai suoi colleghi italiani. A causa di un ritardo di tre mesi nella retribuzione dello stipendio, Abdel ha un violento litigio con il responsabile della Cooperativa; l’infermiere marocchino ha la peggio e finisce in rianimazione con una lesione permanente alla colonna vertebrale: inizia ora un’odissea che, a tutt’oggi, non si è ancora conclusa.
Perché la storia di Abdel è una storia incredibile ma vera!
E’ la storia di un viaggio cominciato in Marocco 15 anni fa e che è sembrato interrompersi tragicamente a Dicembre dell’anno scorso con la violenza subita da Abdel per mano del suo datore di lavoro.
Ma la speranza è che questo viaggio possa continuare in un modo o nell’altro. Per Abdel e per la gente come lui, la gente precaria, la gente migrante, la gente in movimento verso un mondo con più giustizia sociale, con pari opportunità e diritti per tutti.
Lo spettacolo racconta una storia recente di estrema e tragica precarietà cercando di dare parola a tutti i protagonisti della vicenda ma, nello stesso tempo, cercando di prefigurare con il tema del viaggio, dello spostamento, del movimento, luoghi possibili e pieni di speranza.
Regia e testi di Teatri OFFesi.
Con Fabio Zavatta e Lorenzo Marvelli
Musiche ed immagini di Renato Barattucci
Tecnici del suono e delle luci: Domenico Di Marco, Matteo Di Tullio
Puoi trovare il copione completo su: www.teatrioffesi.org

Discriminazione razziale nella sanità: il caso degli infermieri 

Marco Galossi IRES-CGIL

IRES-CGIL maggio 2007

La metodologia di ricerca

La ricerca qui presentata è stata realizzata dall’IRES nell’ambito del progetto di ricerca comparativa europea RITU (Racial and ethnicminorities, immigration and the role of trade unions in combating discrimination and xenophobia, in encouraging participation and in securing social inclusion and citizenship ) promosso dal V Programma Quadro della Ricerca in Europa nel periodo 2003-2005. Ricerca di tipo “QUALITATIVO”. Il lavoro “di campo” con delegati sindacali e infermieri stranieri si è svolto prevalentemente in quattro ospedali pubblici romani e nella sanità privata. Complessivamente sono state realizzate 37 interviste, di cui 19 a soggetti italiani (sindacalisti a livello nazionale e regionale, delegati RSU, dirigenti Collegio di infermieri, funzionari di ospedali e cooperative) e 18 a stranieri (infermieri, attivisti di associazioni, funzionari di agenzie e cooperative di reclutamento e una sindacalista del settore).
Il progetto ha focalizzato l’analisi sulle pratiche discriminatorie e sull’azione sindacale

La dimensione del fenomeno

  • L’Italia è il primo Paese al mondo per numero di medici rispetto alla popolazione residente: 4 medici ogni 1000 abitanti, contro 1,9 media UE (dati OCSE)
  • Di contro risulta molto contenuto il numero di infermieri in rapporto alla popolazione esistente: 5,4 ogni 1000 abitanti, contro 6,9 media UE, 10 in Germania e UK (dati OCSE)
  • La carenza di infermieri è destinata a crescere, perché i neolaureati non garantiscono il necessario ricambio fisiologico: secondo le Regioni servono 15.265 addetti, secondo l’Ipasvi 17.200.
  • A questo fabbisogno corrispondono nell’anno accademico 2004/2005: 6.700 laureati e 11.000 immatricolati in Scienze Infermieristiche. Fonte: dossier statistico immigraione Caritas/Migrantes & società italiana di medicina delle migrazioni.

In questo contesto il ricorso agli infermieri stranieri si sta facendo sempre più rilevante.
Nel 2002 erano 2.612, nel 2005 sono quasi triplicati arrivando a 6.730.Circa l’80% sono donne.
La maggior parte provengono dall’Europa dell’est (soprattutto Romania e Polonia e Bulgaria), con quote minori ci sono gli africani (soprattutto tunisini) e latinoamericani (in primo luogo dal Perù). Nell’ambito della nostra ricerca abbiamo ottenuto l’autorizzazione per accedere ed elaborare i dati statistici di alcuni collegi provinciali Ipasvi significativi. Vediamo così che tra gli anni 2000-2004 sono stati iscritti 1.352 infermieri “nati all’estero” nel Collegio di Roma (il 31,2% del totale dei nuovi infermieri iscritti nel quadriennio), 1.010 a Milano-Lodi (il 33,5%), 1.123 nell’Albo di Modena (addirittura oltre l’80% del totale), 597 a Torino (il 34,8%). Il fenomeno comunque è maggiormente significativo nelle regioni del Nord Italia (specialmente in Lombardia e Veneto); il Meridione non subisce carenza infermieristica, piuttosto si registra un’emigrazione di professionisti verso il Nord e Centro del paese.

Definizione del problema

L’ingresso di lavoratori stranieri nelle professioni infermieristiche e altre professioni sanitarie:

  • Da un lato, il primo tentativo di importazione di mano d’opera qualificata nel nostro paese, in un quadro normativo generale che confina gli stranieri, indipendentemente dal loro capitale culturale, a funzioni di manovalanza.
  • Dall’altro, uno dei tasselli del processo di privatizzazione del sistema sanitario nonché dell’accelerazione del fenomeno della flessibilizzazione del lavoro e dell’esternalizzazione dei servizi pubblici.

Dal punto di vista sindacale una sfida difficile in cui la ricerca ha registrato anche atteggiamenti “potenzialmente ostili” o comportamenti di chiusura verso la minoranza straniera a difesa dei privilegi della maggioranza.

La normativa, un modello di welfare fondato sulla subalternità delle donne migranti

Esiste una contiguità tra il fenomeno dell’importazione degli infermieri dall’estero con l’assistenza rivolta alla cura delle persone anziane

  • La regolarizzazione del 2002 nella sua formulazione originale doveva riguardare soltanto il lavoro domestico e di cura
  • Per quanto riguarda gli infermieri la novità introdotta dalla Bossi-Fini è che sono diventati “fuori quota” (art. 27 T.U.) ma autorizzati ad una permanenza sul territorio strettamente vincolata al datore lavoro che ha proceduto a fare la chiamata dall’estero, con un contratto di lavoro a tempo determinato di durata non superiore a due anni che esige il rientro in caso di proroga (un solo rinnovo).

Entrambi queste azioni hanno per orizzonte un nuovo modello di servizi socio-sanitari, che riduce la centralità del sistema pubblico grazie ai “vantaggi” creati dalla globalizzazione con l’offerta di lavoro delle donne del Sud e dell’Est del mondo.

Le modalità contrattuali nel pubblico e nel privato

La normativa che vieta l’accesso degli stranieri al Pubblico Impiego in posizioni di ruolo ha favorito un’altissima segmentazione contrattuale negli ospedali e strutture che condanna gli immigrati a realizzare lo stesso lavoro degli autoctoni ma in condizioni di maggiore flessibilità, con minori retribuzioni e tutele.
Gli infermieri stranieri possono lavorare nel settore pubblico soltanto attraverso forme di intermediazione:

  • agenzia di lavoro in somministazione
  • cooperative appaltatrici di servizi infermieristici.

Esiste una terza possibilità, che non implica la chiamata a concorso, che è il contratto a tempo determinato con possibilità di un solo rinnovo (non oltre i due anni). Questa possibilità, considerata per gli autoctoni l’anticamera del concorso, viene molto eccezionalmente applicata.

Ingresso in Italia e reclutamento all’estero

  • L’operazione della Bossi-Fini introducendo gli infermieri nell’articolo 27 – creato con la precedente normativa (T. U. 286/98) specificamente per figure chiamate a svolgere un’attività professionale a termine sul territorio, come professori invitati, giornalisti, artisti dello spettacolo, sportivi, ecc – ha aperto la strada, a condizioni di forte sottomissione da parte del personale infermieristico reclutato all’estero, quando non facilitato raggiri e fenomeni vicini alla tratta di persone. L’assoluta provvisorietà nella permanenza, creata da questo particolare tipo di soggiorno, impedisce l’integrazione nel territorio e (come per le badanti) favorisce la disponibilità di lavoratori – nella stragrande maggioranza lavoratrici – senza pretese, con progetti orientati a massimizzare le rimesse ed al rientro a breve termine.
  • Il business del reclutamento all’estero è controllato da grandi società cooperative e in minor misura dalle agenzie di somministrazione di personale. Di vera sofferenza si deve parlare per gli sfortunati che cascano in società o agenzie poco serie. Pullulano sul mercato “mediatori” e società italiane o straniere che offrono pacchetti di infermieri che vengono “venduti” come merce umana. Giovane infermiere che pagano intermediari di uno dei due paesi per arrivare in Italia e lavorare in nero e senza abilitazioni. Casi perfino di ritiro dei passaporti. L’Ufficio legale del Collegio di Infermieri di Torino non esita a parlare di “scafisti della sanità” e ad ipotizzare il reato di “riduzione in schiavitù” per tutti questi casi.

Stranieri e accesso al pubblico impiego gli infermieri hanno aperto una breccia

• Nel 1999 un infermiere marocchino con titolo professionale italiano presenta domanda per partecipare ad un concorso di un’ASL genovese ma viene escluso in base alla cittadinanza extracomunitaria (DPR n. 487/1994). Aiutato dall’associazione multietnica “Città Aperta” il giovane presenta un ricorso al TAR della Liguria che viene accolto in base alla “parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti” stabilita dal T.U. 286/98 (sentenza 129/2001).

• A Firenze un infermiere albanese ha presentato ricorso al Tribunale ordinario appellandosi alla normativa contro le discriminazioni inaugurata dal Testo Unico sull’immigrazione (art. 43 e 44 del T.U. 286/98). La Corte d’Appello si promulga a favore il 2 luglio 2002.

• Ancora a Genova altri tre infermieri e un operatore socio-sanitario non comunitari (vincono il concorso ma con “riserva di parere” da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica-Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute). Questa volta la Cgil si costituisce come parte in causa a fianco del lavoratore ed il giudice genovese si pronuncia a favore, obbligando l’ASL a rimuovere il comportamento discriminatorio assumendo gli infermieri.

Lo scontro legale segue il suo corso. Nel mese di settembre 2004 l’Ufficio per il Personale della Pubblica Amministrazione del Dipartimento della Funzione Pubblica ha dato parere negativo alla possibilità di assunzione degli extracomunitari e alla capacità delle Regioni ed enti locali a modificare i loro regolamenti in senso “aperturista”.
L’esperienza genovese, commenta un esperto*, “è la prima iniziativa processuale proposta da parte sindacale a sostegno delle pari opportunità per i lavoratori non comunitari e porta a riflettere sull’utilizzo dello strumento previsto nell’art. 44 comma 10, ovvero l’azione diretta delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nei casi di comportamento discriminatorio di carattere collettivo posto in essere da parte del datore di lavoro”, azione che finora non è stata mai intentata.
Al sindacato confederale e alla categoria della Funzione Pubblica tocca adesso realizzare questo salto di qualità verso la moltiplicazione di azioni dirette contro le discriminazioni collettive, riservato dalla legge alle OO.SS.

* Marco Paggi, “Discriminazione e accesso al pubblico impiego”, 3 novembre 2004. www.meltingpot.org

le novità normative

Disegno di Legge delega al Governo
Disciplina dell’immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero

“Parificazione del lavoratore straniero titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo al cittadino dell’Unione europea in relazione all’accesso al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione”

Anche da questo punto di vista staremo a vedere se questa proposta passerà al vaglio dell’iter parlamentare. Si ricorda che la legge Martelli del 1990, prevedeva il diritto degli stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti – a prescindere dal possesso della carta di soggiorno – di essere assunti nelle pubbliche amministrazioni nell’ambito delle qualifiche di basso livello. In seguito, con la legge Turco Napoletano, all’art. 2 si era proclamata la piena parità dei diritti in materia civile tra immigrati regolarmente soggiornanti e cittadini italiani. Fatto che avrebbe dovuto comportare la piena parificazione, quantomeno rispetto i cittadini comunitari con il relativo libero accesso al pubblico impiego. Ma, l’interpretazione della giurisprudenza ritiene che invece il Testo unico sull’immigrazione non abbia abrogato le norme che limitano ai cittadini italiani e comunitari l’accesso al pubblico impiego. La conseguenza è che di accesso al pubblico impiego non se ne parla, salvo poi prevedere questa parificazione che chissà se e quando verrà introdotta.

* Marco Paggi, “Discriminazione e accesso al pubblico impiego”, maggio 2007. www.meltingpot.org

Contesto Mariano De Mattia

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De Mattia Firenze maggio 2007

Riflessioni Sabrina Lovato

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Come si è visto il punto di partenza è la mancanza di infermieri.

La soluzione di chiamare risorse competenti da altri paesi sembrerebbe una buona strategia perché queste nuove energie potrebbero inserirsi nel sistema attuale favorendone l’ evoluzione:sia mantenendo vitale il Servizio Sanitario Pubblico evitandone il collasso sia contribuendo alla maturazione della professione infermieristica. Per l’arricchimento che sempre deriva dal confronto con esperienze diverse e perché porterebbe all’interno stesso della professione quell’apertura ad una società multietnica che è nel nostro futuro. Inoltre consentirebbe un buon inserimento sociale a persone con preparazione qualificata che aspirano a valorizzare la loro formazione e ad arricchire la loro esperienza. Niente di tutto questo sta succedendo. L’ “accoglienza” che il nostro paese ha riservato agli infermieri stranieri si rivela

– nell’immediato una ripetuta ingiustizia a carico di una minoranza di infermieri

– in prospettiva la fessura attraverso la quale di fatto il welfare viene privatizzato,

il futuro della professione viene minacciato e la sua natura travisata.
Il primo di questi effetti negativi, la privatizzazione del welfare. Trasformare una condizione in cui lo stato è il garante ed il riferimento della assistenza socio-sanitaria nella condizione in cui imperversano le speculazioni tipiche del mercato nel senso di luogo di puro scambio, dove tutto è identificato da un prezzo. È un ossimoro, una contraddizione in termini, è decidere consapevolmente, e lasciare che altri decidano, di cambiare natura ad una scelta di convivenza civile basata sulla solidarietà. Al secondo di questi effetti negativi, la minaccia nei confronti della nostra professione, viene dedicato la parte restante della nostra comunicazione che si propone di renderne palese la concretezza. Per cominciare la dimensione e l’estensione del fenomeno. Il numero degli infermieri stranieri è in costane aumento e la quasi totalità lavora con contratti a termine. Il modello non ha tardato ad essere applicato anche agli infermieri italiani. Dapprima circoscritto alle strutture private va via via interessando anche le strutture pubbliche. In conseguenza il numero complessivo di infermieri precari va progressivamente crescendo. Ed è una anomalia, a pensarci bene. Una cosa strana. Perché il lavoro precario riguarda storicamente attività di bassa qualificazione in cui la competenza acquisita con la pratica professionale è trascurabile, così some irrilevante è la continuità del servizio. Ed è inoltre proprio di attività in cui la domanda è inferiore all’offerta. Nessuna di queste condizione vale per la professione di infermiere. Oggi. Dobbiamo consentire che valgano domani?

Già vedono alcune conseguenze:

La prima Conseguenze

1. Il gruppo non è più omogeneo. Intendiamo sia l’insieme generale degli infermieri sia i più piccoli insiemi delle singole unità di lavoro. Viene intaccato il principio di parità dei lavoratori, ci sono io che ho un contratto regolare di pubblico impiego e ci sei tu che vieni somministrato da una agenzia o da una cooperativa

La seconda conseguenza

2. Si innesca un processo di dequalificazione professionale: ciò che vediamo è il tentativo di disgregare la nostra professione a partire dai suoi minimi elementi parcellari costitutivi, di nuovo attraverso l’elencazione di mansioni da fare separate dal soggetto che le progetta, perché non le progetta ma le esegue e basta e separate dal soggetto che le riceve (il destinatario della nostra cura), perché non chiamato a partecipare al processo che le costruisce, che appunto le progetta. L’esasperato turn-over degli infermieri delle agenzie e delle cooperative impedisce lo sviluppo di competenze sino a cambiare la NATURA del lavoro professionale in mera prestazione a gettone, un processo di alienazione che comporta la perdita di identità del professionista, la frantumazione del suo lavoro e di sé. Obiettivi di avanzamento professionale o di crescita culturale perdono semplicemente senso.

La terza conseguenza

3. Incertezza di sé come professionista e come persona. Vacilla la stima di sé, di quel che si fa, del perché lo si fa, si perdono i significati delle cose che si fanno e infine si perde IL significato, qualsiasi significato. Per “noi” infermieri italiani e per “loro” infermieri extra-comunitari questo fare delle cose – quando non inserito in percorsi pensati, progettati di cura – diventa catena di montaggio, il cui ingranaggio può bruscamente interrompersi quando, ad esempio, il sangue per Rossi lo riceve Lovato. La morte o il grave danno può avvenire per Lovato ma al contempo, inevitabilmente, ci saranno le morti bianche, i caduti sul lavoro. E il disfacimento di un sistema di cure pubblico. È di questa profonda PRECARIETA’ INTELLETTUALE che dobbiamo sviluppare consapevolezza. Per fronteggiarla, combatterla.

È forse adesso opportuno ricordare il collega Enrico. Col discorso che stiamo facendo la sua vicenda ha qualche relazione.Per lui la frattura è stato il momento di comunicazione del disagio. Che Enrico abbia interrotto di comunicare dopo un tentativo di comunicazione importante, clamoroso, nel senso che suscita clamore, come quello dell’intervista al quotidiano e al conseguente supposto travisamento o abuso delle sue dichiarazioni dice a tutti della precarietà delle condizioni di lavoro quotidiane, della precarietà di comprensione tra colleghi, con le altre figure professionali, con l’istituzione, coi mezzi di comunicazione, coi cittadini.
Da sempre la figura dell’infermiere ha avuto magri e sporadici riconoscimenti. Tuttavia qualche passo avanti c’è stato. Nei fatti concreti e tutti ne usufruiscono. Ed anche a livello di consapevolezza per quanto non così diffusa come si vorrebbe. Il rischio che qui si vuole segnalare è di una precipitosa marcia indietro non di anni ma di decenni.

Proposta Palma Bernardi

 

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Bernardi Firenze maggio 2007