DA QUALCHE PARTE DOVREMO PUR COMINCIARE

di Lorenzo Marvelli

Hanno vinto i cattivi ed i buoni non hanno perso, poiché coloro che a quei cattivi dovranno opporsi non sono così diversi.
Come nei film del lontano west, per i nativi pellerossa non sembra esserci speranza vista la furia vendicativa dei pistoleros. I banditi sparano su tutto, fanno grosse risate e faranno molti prigionieri, ma davvero dovremo aspettarci di sopravvivere dentro riserve controllate e tutte uguali?
Ammaleremo di depressione e di vaiolo? Ci daremo all’alcolismo? Creeremo associazioni di reduci che racconteranno storie ai turisti? Riusciremo prima o poi ad infilare un rappresentante nella camera alta?
Questa è una possibilità, non c’è dubbio.
Gli spazi che avevamo guadagnato ora si sono ristretti, forse non esistono più, forse ci prepariamo a togliere le tende ed a lasciare i nostri luoghi ad altri o forse, incredibilmente, non andremo da nessuna parte poiché non saranno gli altri ad arrivare, i luoghi parranno trasformarsi ma non arriverà nessuno poiché saremo noi a restare, credendo d’essere andati via.
Resteremo qui prima d’essere sostituiti senza essere ricordati, abiteremo le vecchie case pensando d’averle rinnovate, lo faremo profondamente mutati nell’animo, diversi da quello che eravamo, docili, incapaci di pensarci lontano da qui.
Questo potrebbe accadere poiché hanno vinto i cattivi ed i buoni non esistono più.
C’è in giro una retorica della sconfitta che mi innervosisce quando invece forse vorrebbe incitarmi a resistere. In sintesi: “solo se finisci con il culo per terra, allora puoi tirarti su e ricominciare da capo” non credo sia questo il problema. non si tratta di una spinta, di una spallata, di una manifesta superiorità di un gruppo sull’altro.
I cattivi sono arrivati sparando in aria e gridando che dobbiamo smetterla di esistere, di pensare, di parlare, di cantare, di fare film, di scrivere libri…
Dobbiamo smetterla di manifestarci per quello che siamo o, peggio ancora, che vorremo essere. Non c’è nessun domani: oggi è l’unico tempo dei pistoleros e qui, sembra essere l’unico luogo che conoscono. Loro, sparando all’impazzata, ci gridano sputando a terra: “avete rotto il cazzo!”
E’ impossibile resistere in una situazione simile, i pistoleros sono più forti, sono invasati, forse drogati e ricordano l’irruzione alla Diaz, l’impossibilità di costruire un terreno di scontro prima della mattanza, la forza delle armi e la sete di sangue prima che qualcuno possa dire loro: “aspetta un attimo!”
Questa gente arrivata dalle montagne, non rispetta il nemico e non ha un progetto degno d’essere chiamato tale, loro esistono per annientarci.
Odiano le nostre feste, i nostri film, i nostri PC, la nostra musica, il nostro teatro, il nostro modo di lavorare, di produrre, di consumare e, allora come oggi, rompono tutto quello che è nostro perché… gli abbiamo rotto il cazzo!
Noi questo lo avevamo capito ma non siamo riusciti a dirlo alle sinistre che tentavano di governarci.
Anche loro però non hanno saputo ascoltarci pensando di poter tenere i banditi fuori dal gioco discutendo d’economia ed invece di vita bisognava parlare… poiché vita e sviluppo economico neoliberista non sono la stessa cosa come invece credono le sinistre riformiste e come giustificano, loro malgrado, le sinistre critiche.
Ora è tardi ed il danno è sotto gli occhi di tutti. Non so se convenga perdere tempo a ricostruire una sinistra che ascolti la vita e rifiuti di credere che produzione e consumo siano una ragione dell’esistenza. Forse ci conviene scappare e ritrovarci nella fuga per ricompattarci come dice qualcuno o forse reagire in ogni luogo, resistere e non smettere neanche un attimo di rompergli il cazzo! Magari non una tattica ma mille tattiche, spontanee, intermittenti, durature e permanenti, come la loro guerra al mondo.
Insomma, da qualche parte dovremo pur cominciare.