La professione infermieristica e le nuove forme di lavoro precario

Elaborato da Nim

Slide ITA Valencia 2006

1 – Un sistema sanitario avanzato

Il Sistema Sanitario Italiano è considerato uno dei più equi nel mondo, fondato sulla centralità del ruolo pubblico e sull’universalità delle prestazioni finanziate dalla fiscalità generale.

La normativa italiana estende il diritto alla salute a tutte le persone presenti sul territorio nazionale inclusi i cittadini stranieri in condizione di soggiorno irregolare (1).

Gli infermieri sono consapevoli di far parte di questo sistema e di giocare un ruolo importante per mantenere il diritto alla salute.

Art 32 della Costituzione italiana: “La Repubblica italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti…”(Sebastiano)

2 – Carenza infermieristica

Per mantenere questo contesto e questo ruolo ci sono dei problemi che cercherò di raccontarvi.

L’Italia è il primo paese al mondo per numero dei medici. Ogni mille abitanti ci sono 4,1 medici, la media OCSE è di 2,9, in Africa solo 0,2 (2). Il numero dei medici è superiore anche a quello degli infermieri.

Il rapporto che si considera ideale per 10 medici è di 50 infermieri, in Italia ce ne sono solo 9.

La Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi afferma: “quello che manca sono le risorse…gran parte di queste saranno destinate agli stipendi dei medici lasciando per gli altri le briciole e nessuno spazio per gli investimenti sulla professione infermieristica” (3).

Gli infermieri italiani sono 342.000: il 70% lavora nel pubblico. Il rapporto con la popolazione è uno dei più bassi d’Europa, per 1000 abitanti 5,4 infermieri, in Spagna 6,2, la media OCSE è di 8,2. (2)

Secondo le stime mancano tra 60 e 100.000 unità (4). Il numero degli infermieri neolaureati non è sufficiente a rimpiazzare quelli che vanno in pensione. I motivi sono diversi: lo scarso status di cui gode la professione, i bassi stipendi, le scarse possibilità di carriera, i disagi connessi al lavoro (turnistica e burn out), l’insufficiente numero di sedi formative.

Dal settimanale Sole 24 ore sanità del febbraio 2006: “L’assistenza in ospedale va avanti a suon di straordinari e gli infermieri in servizio spesso rischiano di non farcela a sostenere un orario e una mole di lavoro ben superiore a quella istituzionale. Sul territorio l’assistenza langue soprattutto nei settori dell’assistenza domiciliare integrata, nelle residenze protette, negli hospice dove gli infermieri dovrebbero rappresentare la figura più presente a fianco dei pazienti” (3)

3 – Infermieri migranti

A fronte di questa carenza è aumentata la presenza di infermieri stranieri provenienti soprattutto dai paesi dell’Est europeo, dall’Africa, e dal Sud America. L’83% sono donne (4-1).

Negli ultimi tre anni gli infermieri immigrati iscritti ai Collegi sono triplicati arrivando a circa 7000.

La Federazione Nazionale dei Collegi ritiene questo dato sottostimato, nel 2005 sarebbero 8-9 mila, secondo altre fonti più di 20.000 (5).

La disparità dei dati rende conto di una situazione non chiara e non ben conosciuta.

Nel 2004 nei Collegi delle grandi città del Centro e Nord Italia le percentuali di stranieri tra i nuovi iscritti varia tra il 40% e il 90% (1).

Le richieste maggiori provengono da cliniche private, case di riposo, istituti per anziani e disabili.

Negli ultimi anni lo stato italiano ha ridotto il suo intervento nel welfare inducendo le famiglie a ricercare personale di assistenza al minor costo possibile e favorendo condizioni di lavoro di dubbia legalità.

4 – Modalità di reclutamento

Il business del reclutamento all’estero vale 300 milioni di euro l’anno (5), è controllato da grandi società cooperative e in minor misura da agenzie interinali.

Le agenzie effettuano un vero e proprio affitto di manodopera. Pagano i lavoratori con il contratto nazionale di lavoro pubblico o privato.

Le cooperative possono gestire servizi infermieristici solo se riguardano intere strutture o singoli reparti.

In questo modo si creano situazioni di scollamento tra personale dipendente e infermieri delle cooperative che lavorano nella stessa struttura.

Sono inquadrati come personale non laureato, gli stipendi sono molto più bassi e i turni massacranti.

Lavorano 165 ore al mese contro le 150 medie del contratto pubblico, guadagnano un terzo in meno dello stipendio del collega di ruolo che lavora nello stesso ospedale; nessuna indennità notturna, viene detratto l’affitto per un alloggio, la quota sociale, le spese di viaggio in Italia.(6)

5 – Sfruttamento e caporalato

Molti sfortunati cadono nella rete delle tante società e mediatori che operano nell’illegalità che offrono pacchetti di infermieri venduti come merce umana. Giovani infermieri pagano intermediari per arrivare in Italia e lavorare in nero senza abilitazione (6).

Il Presidente del Collegio di Torino Michele Piccoli non esita a parlare di “scafisti della sanità”: “Gli infermieri reclutati nei paesi d’origine vengono fatti entrare col visto di soggiorno in qualità di inservienti o colf, in attesa del lungo iter di riconoscimento del titolo. Verranno spesso utilizzati per funzioni infermieristiche in abuso di professione, sottopagati, sfruttati in maniera vergognosa, privati dei documenti e del permesso di soggiorno che verrà “custodito” dai “caporali” che organizzano questo traffico” (7).

La televisione italiana ha realizzato nel 2003 un’intervista, alterata nel video e nell’audio per motivi di sicurezza, con una infermiera rumena per denunciare il fenomeno del “caporalato”

Intervistatore (I)”In Italia abbiamo bisogno di infermieri; su questo bisogno specula e con grandi profitti una rete di caporalato in Piemonte organizzando una tratta delle infermiere.

Infermiera rumena (IR)“Adesso sto lavorando in un reparto specialistico. Ti telefonano e ti chiedono se vuoi lavorare in Italia, tu accetti perché non hai un’altra scelta. Arrivi in Italia con il permesso di soggiorno, ma non puoi lavorare perché non sei ancora iscritta all’Albo professionale.

Ti fanno lavorare come ausiliaria in una casa di riposo o in una clinica, nel frattempo, se in queste case di riposo mancano infermieri, al mattino lavori come ausiliario e il pomeriggio come infermiere.

(I):” Il minimo orario per gli infermieri è 25 euro e a voi quanto danno?”

(IR): “11 euro, quando lavori come infermiere, 8 euro quando lavori come ausiliario. Ti tolgono il 20% per tutto quello che hanno fatto per te”

(I):” E perché non ve ne andate?”

(IR): “ Perché i nostri documenti originali li hanno loro e dopo aver ottenuto il riconoscimento come infermieri i documenti rimangono nelle loro mani con la scusa che è meglio così: “Li possiamo tenere noi”, dicono “ a che ti servono i documenti?” (8)

6 – Privatizzazione strisciante

Negli ospedali il processo di esternalizzazione inizialmente interessava solo i servizi logistico-alberghiero e il personale ausiliario ora anche il servizio infermieristico.

Le Aziende Sanitarie oggi si avvalgono sempre più delle cooperative che garantiscono l’abbattimento dei costi.

Nella regione Lazio l’assistenza domiciliare è quasi completamente appaltata.

Mentre le cooperative sono l’anticamera della privatizzazione, le agenzie interinali consolidano la presenza di rapporti precari nel pubblico impiego.

Il sistema di somministrazione di personale produce un frequente avvicendamento e dequalificazione dei lavoratori riducendo la professione in mera prestazione “a gettone” (1).

Dichiarazione di un funzionario della Direzione infermieristica:

“ Se si cambia continuamente reparto oppure ospedale si perde il significato del tuo lavoro, che si trasforma da un lavoro che dovrebbe essere pieno di contenuti umani…a un fare delle cose, un approccio più legato alla catena di montaggio…E’ un progetto politico, non soltanto un problema operativo e concreto, è una visione del mondo dove in chi sviluppa queste fantasie c’è il sogno che tutto possa essere trasformato in un immenso call center dove io ti chiamo e ti pago i minuti effettivi in cui tu produci… (6) “

7 – L’ombra della direttiva Bolkenstein

A livello europeo è stata approvata il 29 maggio 2006 la direttiva Bolkenstein sul libero mercato dei servizi. Fortunatamente sono state apportate sostanziali modifiche, la più importante l’eliminazione del principio del paese d’origine per cui il prestatore di servizi era sottoposto esclusivamente alle leggi del paese dove si trovava la sede legale e non di quelle del paese dove il servizio veniva offerto (9).

Rimane comunque immutato l’impianto liberista della direttiva e i pericoli per i diritti sociali. La porta è sempre aperta alla concorrenza sleale e alla precarizzazione del lavoro. Per la sanità è in studio una nuova direttiva.(10)

Se così stanno le cose ci sono gravi rischi per la professione infermieristica e per il diritto alla salute.

8 – L’infermiere precario

Il tema del lavoro precario ci interessa perché:

La precarietà del lavoro è vissuta in prima persona da un numero crescente di infermieri, non solo stranieri.

È aumentato il ricorso all’utilizzo dei contratti a tempo determinato anche per gli infermieri italiani.

Sono sempre più evidenti forme di sfruttamento.

Costituisce un fattore di rischio per la salute dei lavoratori e delle loro famiglie.

Dopo le organizzazioni private anche le istituzioni pubbliche mostrano la tendenza ad avvalersi del lavoro precario.

Stupisce pertanto che il lavoro precario sia favorito anziché contrastato dalle istituzioni che dovrebbero essere interessate a tenere alto il livello di qualità dell’assistenza e non sia oggetto di analisi e di dibattito da parte dei Collegi e della Federazione Nazionale nel loro impegno di tutela della salute pubblica e della professione.

Non stupisce invece che il risultato finale sia una condizione di precariato intellettuale dell’infermiere che vede appiattita in un elenco di compiti spezzati la propria attività quotidiana, ignorata la competenza, banalizzata la cura consapevole delle storie di malattia.

9 – La sfida di Nursing in movimento

Le nuove forme di lavoro precario nella professione infermieristica sono un tema sul quale mancano quasi completamente informazioni e testimonianze.

La presenza di Nursing in movimento al Congresso degli Infermieri di Comunità significa voler essere al loro fianco nel denunciare ogni forma strisciante di privatizzazione della sanità e di deprofessionalizzazione degli infermieri derivante da precarietà e sfruttamento. Precarietà e sfruttamento delineano un piano politico preciso, rendono difficile la vita sociale e relazionale e tolgono la possibilità di creare un progetto di vita ad un’intera generazione.

Fonti:

EMN European Migration Network, Italian National Contact point. Mercato occupazionale sanitario e migrazioni qualificate. Infermieri e medici e altri operatori sanitari in Italia. Roma 2006;
OECD Organisation for Economic Co-operation and Development. Health data 2005: statistic and indicators, Paris, 2005
Del Bufalo P. Un buco da 60mila unità. Il Sole 24 sanità 14-20 febbraio 2006; 31
Caritas/Migrantes-Società italiana di Medicina delle Migrazioni. Gli infermieri immigrati nella sanità italiana: un ulteriore apporto dopo l’assistenza nelle famiglie. Dossier statistico immigrazione, Idios Roma 2006
Fatiguso R. Dall’Est la carica dei 60.000. Il Sole 24 ore 10 giugno 2005
Bernardotti M A. Sindacati e discriminazione razziale nella Sanità italiana: il caso degli infermieri. IRES CGIL Quarto rapporto sull’immigrazione. Ediesse, Roma 2006
Collegio IPASVI Torino. Shukran, settimanale del TG3. Infermiere informazione marzo-aprile 2003; 2; 8-9
Piccoli M. Infermieri extracomunitari: il punto di vista del Collegio. Infermiere informazione marzo-aprile 2003; 2; 5-7
Albertazzi A. Servizi al libero mercato. Direttiva Bolkestein. Emergency giugno 2006; 39; 32:33
Bersani M, Locatore F. Direttiva Bolkenstein: se credete che ci basti. Dal sito di Attac-Italia http://italia.attac.org/spip/

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