Lavoro precario in vita precaria: La ricetta quotidiana del neoschiavismo! Dal Sogno di King all’incubo attuale

Mariano De Mattia
Convegno internazionale su Martin Luther King
Nonsolomigranti: antirazzismo, integrazione Centro Convegni “Il Carmelo”
Roma 1 novembre 2007

MLK Roma 2007

Documento conclusivo del convegno internazionale

“Dall’incubo può (ri)nascere il sogno”

Dal 31 ottobre al 2 novembre 2007, oltre 350 persone, provenienti dalla chiese battiste italiane in larga misura, e comprendenti studiosi, testimoni e membri delle chiese battiste africane americane della Lott Carey Foreign Mission Convention e della Virginia, sono convenute per una conferenza internazionale sul messaggio e l’attualità di Martin Luther King e del movimento dei diritti civili nord americano.
Si è registrata un’importante partecipazione di giovani, in molti casi giovanissimi, sia nel contributo che hanno offerto alle animazioni liturgiche e musicali, sia nel dibattito e nell’animazione dei forum. Il contributo dei testimoni e degli studiosi di King è stato di alto livello e ha offerto tono e contenuti ad un evento che riteniamo, senza retorica, resterà a lungo impresso nella nostra memoria.
1. La sfida
La sfida lanciata era delle più audaci: è possibile in un mondo e in una società segnata dall’incubo di nuovi insorgenti razzismi, da una nuova corsa agli armamenti (anche nucleari), da un’endemica situazione di povertà, aggravata da terribili pandemie come quella dell’AIDS, e infine dalla minaccia della catastrofe ambientale, coltivare il sogno di King espresso nelle parole del suo discorso del 28 agosto del 1963? E’ possibile coltivare quel sogno anche nel mezzo di questo incubo? Può la speranza, irrequieta figlia della fede e dell’amore, continuare a sussistere nelle nostre vite, nelle nostre chiese, nella nostra società? Raramente un convegno di studio unisce in maniera così forte analisi della storia e dell’attualità da una parte ed emozione e commozione dei partecipanti dall’altra, come è accaduto in questa occasione. Confessiamo perciò la nostra gratitudine al Signore perché abbiamo sentito di essere stati accompagnati e sospinti dal suo Spirito. Le differenze culturali e le difficoltà linguistiche non hanno pesato come un impedimento, ma sono state un vero e proprio valore aggiunto alla ricchezza di questo breve ma intenso studio e confronto.
2. I giovani
La prima parola che desideriamo dire riguarda i giovani. La testimonianza della sorella Carolyn Mckinstry, amica e coetanea delle bambine della Chiesa battista della 16 strada di Birmingham, Alabama, che furono uccise dal vile attentato del 15 settembre del 1963, ha evidenziato il ruolo positivo e trainante che i giovani ebbero in quella sanguinosa campagna ed è stato una vera e propria sfida a quel che possono svolgere ancora oggi. I giovani possono fare la differenza! C’è una forza che viene dal diritto di sognare dei giovani e dal fatto che le loro vite non si siano ancora compromesse con gli abusi del potere.I giovani sono dunque la chiesa di oggi e non di domani. Sarà bene che questo concetto sia reso magiormente chiaro alle comunità locali, ai pastori e ai consigli di chiesa.
3. Le chiese
La metafora della vita delle nostre chiese negli ultimi anni è stata più quella dello specchio che quella della finestra. C’è stata la tendenza, rinforzata dall’ideologia del secolo presente, a guardare a noi stessi, ad essere auto-referenti. Il cedimento al nostro narcisismo spirituale ha prodotto l’amplificazione di conflitti interni alle chiese e a progressive paralisi spirituali. Oggi, è venuto il momento di aprire le finestre, spalancarle. King aveva più volte parlato dell’effetto anestetizzante delle vetrate istoriate delle chiese, rinchiuse in una spiritualità individualistica e priva di slancio profetico. E’ venuto il tempo di riscoprire la nostra vocazione per il mondo. E’ venuto il momento di proiettarci in un nuovo slancio per la giustizia in ogni luogo. La presenza e il contributo del dott. Henry Mugabe del Seminario teologico battista di Gweru (Zimbabwe) ci ha aiutato ad affrontare la questione della povertà nella cornice della situazione di un paese africano che ha la più alta inflazione al mondo. Il sogno deve essere possibile a Birmingham Alabama, a Washington D.C., come a Roma, nei quartieri ghetto delle nostre metropoli del Sud, come ad Harare e Sanyati. Il sogno può sussistere solo se comprende tutti, perché siamo tuttiavvolti nel mantello che ci unisce in un unico destino. Le chiese potranno ritrovare autorevolezza per essere coscienza critica della società e dello Stato, non arroccandosi nei privilegi e nel potere, ma condividendo gratuitamente il messaggio dell’Evangelo di Cristo. E potranno essere lievito che fermenta nella società contribuendo a creare quella “coalizione delle coscienze” che le vedrà unite, mano nella mano, con altri uomini e donne, di razze e religioni diverse, uniti dalla passione per la pace nella giustizia. 4. Le diversità riconciliate
Il nostro sogno ci affranca dalle paure della diversità. Desideriamo continuare a valutare le differenze piuttosto che come un problema, come un’opportunità per la crescita umana e sociale. Desideriamo impegnarci per vigilare culturalmente e spiritualmente verso tutti quei tentativi, a chiunque rivolti, di basare la propria sicurezza sulla discriminazione e il mancato riconoscimento dei diritti delle minoranze. Il sogno di Giuseppe il patriarca fu quello di King ed è anche il nostro: trasformare le ingiustizie sociali con le armi della nonviolenza, della cittadinanza attiva, del discepolato cristiano.
5. La nonviolenza
Il proposito della nonviolenza, riteniamo che ogni sforzo debba essere compiuto per riaffermare e diffondere i valori della Costituzione italiana, patto di convivenza di tutti e fra tutti, italiani e immigrati. Riteniamo che la nonviolenza vada coltivata e tutelata facilitando, anche da un punto di vista legislativo, l’integrazione, la partecipazione democratica e il rispetto dei diritti della persona verso tutti gli stranieri immigrati.L’insistenza dei nostri mass media sui casi di criminalità degli immigrati, senza peraltro evidenziare adeguatamente il contributo irrinunciabile che essi danno col loro lavoro allo sviluppo del nostro paese, rischia di alimentare un’ideologia violenta di razzismo, accrescendo l’illusoria convinzione che tutto si possa risolvere con l’ordine pubblico e la repressione. Il sogno di una società diversa, costruita con metodo nonviolento, richiede alle chiese e agli individui la disponibilità alla disciplina, a rifuggire i luoghi comuni, all’ascolto paziente e al dialogo. La nonviolenza di King, di Gandhi e quella recentissima dei monaci buddisti della Birmania richiede sacrificio, abnegazione, e talvolta anche martirio. E’ dannoso alimentare l’illusione della possibilità di ottenere risultati senza pagare alcun prezzo. D’altra parte, però, la nonviolenza promette di non lasciare quella scia di sangue, spesso di donne e bambini, di tante guerre del passato e del presente, di alta o bassa intensità. Ogni sforzo che le persone e le chiese metteranno in campo per alimentare il dialogo interreligioso, per incontrare quelli che vivono nei quartieri poveri ad alto rischio di criminalità organizzata, sarà un contributo alla nonviolenza e alla giustizia.
6. La povertà
King pose con chiarezza la questione della povertà e la necessità di correggere il sistema economico capitalista, rappresentato come un edificio bisognoso di urgente ristrutturazione. Oggi, ci rendiamo conto, che la questione della povertà sul piano globale ripropone sotto forme nuove, ma non meno drammatiche quella della schiavitù, della tratta di esseri umani, della reificazione di milioni di persone. Gli Obiettivi del Millennio devono essere onorati, ivi incluso l’impegno di destinare lo 0,7 per cento del PIL del nostro Paese alla cooperazione e allo sviluppo dei Paesi poveri. Per quanto riguarda poi, più specificamente, le nostre chiese battiste, confermiamo il progetto di partnership con le chiese dello Zimbabwe. Accogliamo positivamente anche gli sforzi che si stanno facendo per avviare una efficace campagna di adozioni a distanza. Guardiamo con favore all’avvio di progetti di microcredito, soprattutto per le donne, analogo a quello sperimentato in Bangladesh e in India. Resta urgente, infine, il nostro impegno per un intervento sistematico per la tutela della salute e contro la pandemia di AIDS.
7. La spiritualità della resistenza
Un intenso momento del nostro convegno è stato rappresentato dal canto e dalla musica. Sia nel movimento di King che nel nostro presente abbiamo bisogno e ci nutriamo di una spiritualità fondata sulla Parola di Dio fatta di preghiera e canto. Il sogno resta possibile solo se abbiamo una fede in grado di resistere: resistere alle tentazioni del potere non condiviso e dell’omologazione culturale, resistere alla tentazione dell’individualismo sfrenato e dell’accumulo. Riteniamo che ogni ulteriore sforzo che confermi la ricerca di rinnovamento liturgico, che ha già prodotto significative “primizie”, vada incoraggiato dalle comunità locali. Importante è il contributo della scuola Asaf e dei campi estivi giovanili ed intergenerazionali. Desideriamo incoraggiare le chiese ad essere ancora più partecipi a queste ed altre analoghe iniziative.
Conclusione
Concludiamo questo convegno nella ferma convinzione, oggi ancora più forte, che sognare il sogno di Dio è possibile, è necessario ed è urgente. Il compito è difficile, ma la passione è tanta. Sappiamo che se resteremo uniti, fratelli e sorelle in Italia, negli Usa come nello Zimbabwe, uniti alle altre chiese cristiane, alimenteremo il nostro coraggio rincuorandoci reciprocamente alla fede e al discepolato. Ma soprattutto sappiamo che il sogno sarà possibile se resteremo uniti al nostro Signore Gesù Cristo. Se avremo occhi per vedere la Gloria di Dio, ogni timore scomparirà e ogni paura sarà superata. Canteremo allora, con la gioia e la speranza di King e del movimento per i diritti civili: We shall overcome!

RELAZIONE

La professione infermieristica e le nuove forme di lavoro precario[1]

1 – Un sistema sanitario avanzato Il Sistema Sanitario Italiano è considerato uno dei più equi nel mondo, fondato sulla centralità del ruolo pubblico e sull’universalità delle prestazioni finanziate dalla fiscalità generale. La normativa italiana estende il diritto alla salute a tutte le persone presenti sul territorio nazionale inclusi i cittadini stranieri in condizione di soggiorno irregolare (1).

2 – Carenza infermieristica Per mantenere questo contesto e questo ruolo ci sono dei problemi che cercherò di raccontarvi. L’Italia è il primo paese al mondo per numero dei medici. Ogni mille abitanti ci sono 4,1 medici, la media OCSE è di 2,9, in Africa solo 0,2 (2). Il numero dei medici è superiore anche a quello degli infermieri. Il rapporto che si considera ideale per 10 medici è di 50 infermieri, in Italia ce ne sono solo 9. La Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi afferma: “quello che manca sono le risorse…gran parte di queste saranno destinate agli stipendi dei medici lasciando per gli altri le briciole e nessuno spazio per gli investimenti sulla professione infermieristica” (3). Gli infermieri italiani sono 342.000: il 70% lavora nel pubblico. Il rapporto con la popolazione è uno dei più bassi d’Europa, per 1000 abitanti 5,4 infermieri, in Spagna 6,2, la media OCSE è di 8,2. (2) Secondo le stime mancano tra 60 e 100.000 unità (4). Il numero degli infermieri neolaureati non è sufficiente a rimpiazzare quelli che vanno in pensione. I motivi sono diversi: lo scarso status di cui gode la professione, i bassi stipendi, le scarse possibilità di carriera, i disagi connessi al lavoro (turnistica e burn out), l’insufficiente numero di sedi formative.

3 – Infermieri migranti A fronte di questa carenza è aumentata la presenza di infermieri stranieri provenienti soprattutto dai paesi dell’Est europeo, dall’Africa, e dal Sud America. L’83% sono donne (4-1). Negli ultimi tre anni gli infermieri immigrati iscritti ai Collegi sono triplicati arrivando a circa 7000. La Federazione Nazionale dei Collegi ritiene questo dato sottostimato, nel 2005 sarebbero 8-9 mila, secondo altre fonti più di 20.000 (5). La disparità dei dati rende conto di una situazione non chiara e non ben conosciuta. Nel 2004 nei Collegi delle grandi città del Centro e Nord Italia le percentuali di stranieri tra i nuovi iscritti varia tra il 40% e il 90% (1). Le richieste maggiori provengono da cliniche private, case di riposo, istituti per anziani e disabili. Negli ultimi anni lo stato italiano ha ridotto il suo intervento nel welfare inducendo le famiglie a ricercare personale di assistenza al minor costo possibile e favorendo condizioni di lavoro di dubbia legalità.

4 – Modalità di reclutamento Il business del reclutamento all’estero vale 300 milioni di euro l’anno (5), è controllato da grandi società cooperative e in minor misura da agenzie interinali. Le agenzie effettuano un vero e proprio affitto di manodopera. Pagano i lavoratori con il contratto nazionale di lavoro pubblico o privato. Le cooperative possono gestire servizi infermieristici solo se riguardano intere strutture o singoli reparti. In questo modo si creano situazioni di scollamento tra personale dipendente e infermieri delle cooperative che lavorano nella stessa struttura. Sono inquadrati come personale non laureato, gli stipendi sono molto più bassi e i turni massacranti. Lavorano 165 ore al mese contro le 150 medie del contratto pubblico, guadagnano un terzo in meno dello stipendio del collega di ruolo che lavora nello stesso ospedale; nessuna indennità notturna, viene detratto l’affitto per un alloggio, la quota sociale, le spese di viaggio in Italia.(6)

5 – Sfruttamento e caporalato Molti sfortunati cadono nella rete delle tante società e mediatori che operano nell’illegalità che offrono pacchetti di infermieri venduti come merce umana. Giovani infermieri pagano intermediari per arrivare in Italia e lavorare in nero senza abilitazione (6). Il Presidente del Collegio di Torino Michele Piccoli non esita a parlare di “scafisti della sanità”: “Gli infermieri reclutati nei paesi d’origine vengono fatti entrare col visto di soggiorno in qualità di inservienti o colf, in attesa del lungo iter di riconoscimento del titolo. Verranno spesso utilizzati per funzioni infermieristiche in abuso di professione, sottopagati, sfruttati in maniera vergognosa, privati dei documenti e del permesso di soggiorno che verrà “custodito” dai “caporali” che organizzano questo traffico” (7). La televisione italiana ha realizzato nel 2003 un’intervista, alterata nel video e nell’audio per motivi di sicurezza, con una infermiera rumena per denunciare il fenomeno del “caporalato”

Intervistatore (I)”In Italia abbiamo bisogno di infermieri; su questo bisogno specula e con grandi profitti una rete di caporalato in Piemonte organizzando una tratta delle infermiere. Infermiera rumena (IR)“Adesso sto lavorando in un reparto specialistico. Ti telefonano e ti chiedono se vuoi lavorare in Italia, tu accetti perché non hai un’altra scelta. Arrivi in Italia con il permesso di soggiorno, ma non puoi lavorare perché non sei ancora iscritta all’Albo professionale. Ti fanno lavorare come ausiliaria in una casa di riposo o in una clinica, nel frattempo, se in queste case di riposo mancano infermieri, al mattino lavori come ausiliario e il pomeriggio come infermiere. (I): ” Il minimo orario per gli infermieri è 25 euro e a voi quanto danno?” (IR): “11 euro, quando lavori come infermiere, 8 euro quando lavori come ausiliario. Ti tolgono il 20% per tutto quello che hanno fatto per te” (I): “E perché non ve ne andate?” (IR): “ Perché i nostri documenti originali li hanno loro e dopo aver ottenuto il riconoscimento come infermieri i documenti rimangono nelle loro mani con la scusa che è meglio così: “Li possiamo tenere noi”, dicono “ a che ti servono i documenti?” (8)

6 – Privatizzazione strisciante Negli ospedali il processo di esternalizzazione inizialmente interessava solo i servizi logistico-alberghiero e il personale ausiliario ora anche il servizio infermieristico.Le Aziende Sanitarie oggi si avvalgono sempre più delle cooperative che garantiscono l’abbattimento dei costi. Nella regione Lazio l’assistenza domiciliare è quasi completamente appaltata. Mentre le cooperative sono l’anticamera della privatizzazione, le agenzie interinali consolidano la presenza di rapporti precari nel pubblico impiego. Il sistema di somministrazione di personale produce un frequente avvicendamento e dequalificazione dei lavoratori riducendo la professione in mera prestazione “a gettone” (1).

7 – L’ombra della direttiva Bolkenstein A livello europeo è stata approvata il 29 maggio 2006 la direttiva Bolkenstein sul libero mercato dei servizi. Fortunatamente sono state apportate sostanziali modifiche, la più importante l’eliminazione del principio del paese d’origine per cui il prestatore di servizi era sottoposto esclusivamente alle leggi del paese dove si trovava la sede legale e non di quelle del paese dove il servizio veniva offerto (9).Rimane comunque immutato l’impianto liberista della direttiva e i pericoli per i diritti sociali. La porta è sempre aperta alla concorrenza sleale e alla precarizzazione del lavoro. Per la sanità è in studio una nuova direttiva.(10)

8 – L’infermiere precario Il tema del lavoro precario ci interessa perché: La precarietà del lavoro è vissuta in prima persona da un numero crescente di infermieri, non solo stranieri. È aumentato il ricorso all’utilizzo dei contratti a tempo determinato anche per gli infermieri italiani. Sono sempre più evidenti forme di sfruttamento. Costituisce un fattore di rischio per la salute dei lavoratori e delle loro famiglie. Dopo le organizzazioni private anche le istituzioni pubbliche mostrano la tendenza ad avvalersi del lavoro precario. Stupisce pertanto che il lavoro precario sia favorito anziché contrastato dalle istituzioni che dovrebbero essere interessate a tenere alto il livello di qualità dell’assistenza e non sia oggetto di analisi e di dibattito da parte dei Collegi e della Federazione Nazionale nel loro impegno di tutela della salute pubblica e della professione. Non stupisce invece che il risultato finale sia una condizione di precariato intellettuale dell’infermiere che vede appiattita in un elenco di compiti spezzati la propria attività quotidiana, ignorata la competenza, banalizzata la cura consapevole delle storie di malattia.

9 – La sfida di Nursing in movimento Le nuove forme di lavoro precario nella professione infermieristica sono un tema sul quale mancano quasi completamente informazioni e testimonianze. La presenza di Nursing in movimento al Congresso degli Infermieri di Comunità[2] ha significato voler essere al loro fianco nel denunciare ogni forma strisciante di privatizzazione della sanità e di deprofessionalizzazione degli infermieri derivante da precarietà e sfruttamento. Lo stesso criterio ci ha spinti ad organizzare una giornata tematica, in collaborazione con Teatri OFFesi di Pescara[3], a Firenze lo scorso 25 maggio.[4] Precarietà e sfruttamento delineano un piano politico preciso, rendono difficile la vita sociale e relazionale e tolgono la possibilità di creare un progetto di vita ad un’intera generazione.

Fonti:

EMN European Migration Network, Italian National Contact point. Mercato occupazionale sanitario e migrazioni qualificate. Infermieri e medici e altri operatori sanitari in Italia. Roma 2006;
OECD Organisation for Economic Co-operation and Development. Health data 2005: statistic and indicators, Paris, 2005
Del Bufalo P. Un buco da 60mila unità. Il Sole 24 sanità 14-20 febbraio 2006; 31
Caritas/Migrantes-Società italiana di Medicina delle Migrazioni. Gli infermieri immigrati nella sanità italiana: un ulteriore apporto dopo l’assistenza nelle famiglie. Dossier statistico immigrazione, Idios Roma 2006
Fatiguso R. Dall’Est la carica dei 60.000. Il Sole 24 ore 10 giugno 2005
Bernardotti M A. Sindacati e discriminazione razziale nella Sanità italiana: il caso degli infermieri. IRES CGIL Quarto rapporto sull’immigrazione. Ediesse, Roma 2006
Collegio IPASVI Torino. Shukran, settimanale del TG3. Infermiere informazione marzo-aprile 2003; 2; 8-9
Piccoli M. Infermieri extracomunitari: il punto di vista del Collegio. Infermiere informazione marzo-aprile 2003; 2; 5-7
Albertazzi A. Servizi al libero mercato. Direttiva Bolkestein. Emergency giugno 2006; 39; 32:33
Bersani M, Locatore F. Direttiva Bolkenstein: se credete che ci basti. Dal sito di Attac-Italia http://italia.attac.org/spip/

[1] A cura di Nursing in Movimento: www.nursing.nelmovimento.org

[2] 6° Congresso dell’AEC (Associazione Infermieri di Comunità) tenutosi a Valencia l’8 novembre 2006:

http://www.nursing.nelmovimento.org/nim/relazioni/nimvalencia/nimavalencia.htm

[3] Si veda il sito: http://www.teatrioffesi.org/paginauno.htm

[4] Sanità, Infermieri, Migrazioni:

http://www.nursing.nelmovimento.org/nim/relazioni/nim%20firenze%2007/nimfirenze07.htm