Nursing in movimento con il People Health Movement

BARI 27 aprile 2007
Aula magna De Benedictis Policlinico di Bari
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Testo della relazione di Nursing in movimento
Relatore Brunetti Giancarlo

Slide Bari 2007 

OBIETTIVI E PROGRAMMA DELLA GIORNATA
L’argomento del convegno è il tema della violazione dei diritti umani, in rapporto alla salute.
L’attenzione principale viene data al Sistema sanitario (Health Care) ma anche ai determinanti della salute, sociali, economici , politici.
Lo scopo del convegno è duplice: presentare in Italia la campagna mondiale lanciata a Cuenca dal People Health Movement(PHM) su diritti umani e diritto alla salute;
chiedere al governo e alle autorità dello Stato, in ottemperanza agli impegni sottoscritti ad Alma Ata, e in relazione al Commento Generale
14 delle Nazioni Unite (diritto al più alto standard di salute raggiungibile…) l’istituzione di un osservatorio permanente sulla violazione dei diritti umani nel campo della salute.
La relazione di Nursing in movimento ha lo scopo di descrivere il ruolo della professione per il raggiungimento degli obiettivi di salute a livello mondiale, e di denunciare le nuove forme di sfruttamento e lavoro precario nell’assistenza infermieristica perpetrate soprattutto ai danni degli infermieri stranieri in Italia.

Infermiere migrante, infermiere precario.

1 – Il nostro movimento

Nursing in movimento nato nel 2004, è costituito principalmente da infermieri residenti in varie città d’Italia e in Spagna. Si propone come occasione di confronto di natura professionale, etica e politica per gli operatori della sanità e per quanti hanno a cuore la tutela della salute. L’obiettivo è promuovere la salute come diritto fondamentale dell’uomo e la cultura della pace e del dialogo come condizione necessaria per realizzarla.
Con questa relazione vogliamo portare all’attenzione del Movimento dei Popoli un tema poco conosciuto, ma di estrema criticità per il sistema sanitario italiano e per il diritto alla salute.
Riguarda un aspetto del fenomeno migratorio verso l’Italia, quello degli infermieri.
Ha lo scopo di denunciare le nuove forme di lavoro precario e di sfruttamento nell’assistenza infermieristica subite in Italia soprattutto, ma non solo, da infermieri stranieri.

2 – Presentazione tema

“La salute per tutti è un obiettivo possibile” solo se un sufficiente numero di personale sanitario sarà disponibile nei sistemi sanitari e se questo personale potrà esprimere al meglio la propria professionalità.
Oltre che intuitiva questa affermazione è validata da numerose ricerche ad esempio quella che mette in correlazione positiva la mortalità materno-infantile e la disponibilità di personale sanitario specializzato (1).
La risorsa umana è solo uno tra i molti determinanti di salute, quale che sia il livello di sviluppo di un paese. Nel Sud del mondo la carenza di personale sanitario, già originariamente drammatica, è accentuata dalla fuga verso i paesi industrializzati e mette fortemente in dubbio qualsiasi possibilità di raggiungere i Millennium Development Goals (2).
Il rapporto infermiere/popolazione in Europa mediamente è 10 volte più alto che in Africa e nel Sud Est Asiatico (3). La richiesta crescente di infermieri da parte dell’Unione Europea e del Nord America richiama un importante numero di infermieri dai paesi a basso reddito alla ricerca di una paga congrua, di una maggior sicurezza di lavoro e di una migliore qualità della vita.
La migrazione di infermieri non è di per sé un fattore negativo. L’International Council of Nursing, associazione partnership dell’ OMS, non solo riconosce il diritto degli infermieri a migrare, ma afferma il potenziale beneficio che esso può produrre nella pratica assistenziale transculturale e nelle opportunità di apprendimento e di confronto (4). Questo non è più vero quando gli infermieri migranti da soggetti intraprendenti che desiderano migliorare le proprie competenze e la propria condizione sono ridotti ad esseri sfruttati che hanno perduto la libertà di dirigere la loro vita.
Occorre, dunque, vigilare attentamente sulla mobilità internazionale degli infermieri per impedire ogni forma di commercio delle professioni intellettuali, indotto da una visione neoliberista che esprime la tendenza ad applicare le regole del mercato anche ai servizi sanitari ed al welfare.
In Italia il fenomeno della migrazione infermieristica è in crescita e assume spesso il carattere di cui ho sopra accennato il pericolo.
Nursing in movimento ha cercato di raccogliere dati, fatti e testimonianze per denunciare i metodi illegali utilizzati da soggetti che talvolta operano alla luce del sole e che incredibilmente interessano anche le strutture sanitarie pubbliche.

3 – Carenza infermieristica

Gli infermieri italiani sono 342.000: il 70% lavora nel servizio pubblico. Il rapporto con la popolazione è uno dei più bassi d’Europa, per 100.000 abitanti 540 infermieri contro la media OCSE di 820 (5). L’esperienza quotidiana ci mostra quanto sia critico questo rapporto. Sentiamo però il dovere di ricordare, nuovamente, come in alcuni paesi africani il numero di infermieri (tra i 9 e i 113 per 100.000 abitanti) (1) testimoni di una realtà addirittura tragica.
In Italia secondo il “Dossier statistico immigrazione 2006” della Caritas-Migrantes mancano tra le 60 e le 100.000 unità (6). Il numero degli infermieri neolaureati non è sufficiente a rimpiazzare quelli che vanno in pensione.
I motivi sono diversi: lo scarso status sociale di cui gode la professione, i bassi stipendi, le scarse possibilità di carriera, i disagi dovuti a turni stressanti e burn-out lavorativo, l’insufficiente numero di sedi formative.

4 – Infermieri migranti

A fronte di questa carenza è aumentata la presenza di infermieri stranieri provenienti soprattutto dai paesi dell’Est europeo, dall’Africa, e dal Sud America.
Il fatto che l’83% di questi siano donne (6-7) rende questa popolazione di lavoratori ancor più fragile ed esposta a soprusi. Molte di queste donne mantengono con il loro lavoro i figli e la famiglia che hanno lasciato nel paese d’origine. Sono stati riferiti casi estremi di sfruttamento e ricatto che sono arrivati fino all’avviamento alla prostituzione (8).
Nel triennio 2003-2005 gli infermieri immigrati iscritti ai Collegi della professione sono triplicati arrivando a circa 7000 unità. La Federazione Nazionale dei Collegi ritiene questo dato sottostimato, secondo fonti più recenti sarebbero più di 20.000 (9). La disparità dei dati rende conto di una situazione non ben conosciuta.
Attualmente nei Collegi delle grandi città del Centro e Nord Italia le percentuali di stranieri tra i nuovi iscritti varia tra il 40% e il 90% (7).
Le richieste maggiori provengono da cliniche private, case di riposo, istituti per anziani e disabili visto che per lavorare nel pubblico occorre la cittadinanza italiana.
Negli ultimi anni la riduzione dell’intervento statale nel welfare ha indotto le famiglie a ricercare personale di assistenza al minor costo possibile e, di fatto ha favorito condizioni di lavoro di dubbia legalità.

5 – Modalità di reclutamento

Il business del reclutamento all’estero, che nel 2005 era valutato 300 milioni di euro l’anno (9), è controllato da grandi società cooperative e in minor misura da agenzie interinali.

Il IV Rapporto IRES-CGIL sull’immigrazione riferisce che le agenzie interinali, nate con la Legge 30/2001, effettuano un vero e proprio affitto di manodopera, pagano i lavoratori con il contratto nazionale di lavoro pubblico o privato e vengono utilizzate principalmente per sostituzioni a breve termine.
Le cooperative per loro natura possono appaltare servizi infermieristici solo se riguardano intere strutture o singoli reparti, sono diventate negli ultimi anni una strategia per sopperire alle carenze strutturali di organico delle ASL.
La condizione di precarietà di questi lavoratori, non solo stranieri, è stata denunciata su RAI 3 dalla trasmissione Report in una puntata trasmessa il 12 novembre dell’anno scorso che analizzava lo stato di degrado della sanità del Lazio.
L’ingiustizia è, a volerla vedere, sotto gli occhi di tutti dal momento che ci sono reparti in cui a fianco a fianco lavorano infermieri dipendenti regolarmente inquadrati e infermieri delle cooperative. Questi ultimi sono inquadrati come personale non laureato, gli stipendi sono molto più bassi e i turni massacranti.
Lavorano 165 ore al mese contro le 150 medie del contratto pubblico, guadagnano un terzo in meno dello stipendio del collega di ruolo che lavora nello stesso ospedale.
Non è riconosciuta nessuna indennità (di turno, festiva e notturna), viene detratta la quota sociale della cooperativa e agli stranieri l’affitto per un alloggio, e le spese sostenute per il viaggio in Italia.(10)

6 – Sfruttamento e caporalato

E non il peggio che possa capitare. Molti giovani infermieri pagano intermediari per arrivare in Italia e lavorare in nero senza abilitazione (10). Qui si trovano impigliati nella rete delle tante società e dei tanti mediatori che operano nell’illegalità ed offrono pacchetti di infermieri venduti come si vende una merce.
L’ex presidente del Collegio di Torino Michele Piccoli non esita a parlare di “scafisti della sanità”, ecco quanto dichiara: “Gli infermieri reclutati nei paesi d’origine vengono fatti entrare col visto di soggiorno in qualità di inservienti o badanti, in attesa del lungo iter di riconoscimento del titolo. Vengono spesso utilizzati per funzioni infermieristiche in abuso di professione, sottopagati, sfruttati in maniera vergognosa, privati dei documenti e del permesso di soggiorno che viene “custodito” come forma di ricatto dai “caporali” che organizzano questo traffico” (11).

7 – Un caso esemplare

Sempre in Piemonte si consuma una delle storie più tristi di ingiustizia e sfruttamento subita da un infermiere straniero.
E’ la storia di Abdel Rahim Belgaid, una storia incredibile.
Siamo nel dicembre 2005 a Torino, Abdel marocchino di 44 anni, vive da molto tempo in Piemonte dove si è diplomato alla scuola infermieri dell’Ospedale Maria Vittoria. Lavorava come infermiere per conto della cooperativa Vita Serena nell’Azienda Ospedaliera torinese “Le Molinette”.
La cooperativa Vita Serena è una agenzia di intermediazione che recluta infermieri stranieri disposti a lavorare con retribuzioni modeste. Il suo presidente ha dichiarato nel 2005 un fatturato di 15 milioni di euro.
Abdel quale cittadino straniero, benché formatosi in Italia dove vive da 15 anni, non può accedere ai concorsi per infermieri e per lavorare deve ricorrere all’intermediazione.
Abdel è finito in rianimazione e poi nell’unità spinale del CTO di Torino, rimarrà paralizzato per sempre per aver osato chiedere il pagamento del suo stipendio arretrato di tre mesi.
C’è stato un alterco fra Abdel e Michele Arcuri, il responsabile della cooperativa per cui lavorava, un vecchio caposala in pensione, non nuovo a fatti di violenza in corsia. Ora è indagato per lesioni gravissime. Si difende dicendo che Abdel ha fatto tutto da solo, sbilanciandosi nel tentativo di colpirlo con un pugno e procurandosi la lesione spinale battendo contro lo spigolo del bancone della segreteria. Il responsabile è stato dimissionato dalla cooperativa Vita Serena, Abdel ha perso per sempre l’uso delle gambe (12).

8 – La diffusione strisciante della privatizzazione

Negli ospedali il processo di esternalizzazione inizialmente interessava solo i servizi logistico-alberghieri e il personale ausiliario ora anche il servizio infermieristico.
Le Aziende Sanitarie oggi si avvalgono sempre più delle cooperative la scusa è che garantiscono l’abbattimento dei costi, ma in realtà questo è un dato tutt’altro che certo.
Erminia Costa dei Cobas dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma ha fatto un po’ di conti, ha calcolato i costi sostenuti dall’Azienda Ospedaliera per ogni dipendente rispetto ai capitolati d’appalto delle varie ditte e li ha confrontati con il trattamento economico del comparto sanità, oneri inclusi.
E’ risultato che l’esternalizzazione dei servizi infermieristici costa 2 milioni e trecento euro in più all’anno. Non è quindi per il risparmio che l’esternalizzazione avanza (13).
Mentre le cooperative sono l’anticamera della privatizzazione, le agenzie interinali consolidano la presenza di rapporti precari nel pubblico impiego.
Il sistema di somministrazione di personale produce un frequente avvicendamento riducendo la professione in mera prestazione “a gettone” (7).
Nel già citato rapporto IRES-CGIL troviamo la dichiarazione di un funzionario della Direzione infermieristica che descrive con chiarezza il problema dicendo: “ Se un infermiere cambia continuamente reparto oppure ospedale perde il significato del suo lavoro, che si trasforma da un lavoro che dovrebbe essere pieno di contenuti umani a un fare delle cose, un approccio più legato alla catena di montaggio. E’ un progetto politico, non soltanto un problema operativo e concreto, è una visione del mondo dove in chi sviluppa queste fantasie c’è il sogno che tutto possa essere trasformato in un immenso call center dove io ti chiamo e ti pago i minuti effettivi in cui tu produci… (10) “

9 – L’infermiere precario

Il tema del lavoro precario ci interessa perché la precarietà del lavoro è vissuta in prima persona da un numero crescente di infermieri, non solo stranieri.

Dopo le organizzazioni private anche le istituzioni pubbliche mostrano la tendenza ad avvalersi del lavoro precario.

È aumentato il ricorso all’utilizzo dei contratti a tempo determinato anche per gli infermieri italiani. Ne sanno qualcosa le centinaia di infermieri del Sud, in Campania, Sardegna e tanti anche qui in Puglia, precari a casa loro, che vedono rinviata di anno in anno la possibilità di una stabile assunzione nel servizio pubblico. Alcuni di questi, per realizzare un loro progetto di vita, sono costretti ad andare al Nord creando un flusso migratorio interno che porta con sé aspetti umani, sociali e professionali che non possiamo ignorare.

Stupisce che il lavoro precario in molti casi sia favorito anziché contrastato dalle istituzioni che dovrebbero essere interessate a tenere alto il livello di qualità dell’assistenza.

Stupisce anche che non sia un preoccupante oggetto di analisi e di dibattito da parte dei Collegi professionali nel loro impegno di tutela della salute pubblica e della professione.

Non deve stupire invece che il risultato finale sia una condizione di precariato anche intellettuale che vede appiattita in un elenco di compiti spezzati la propria attività quotidiana, ignorata la competenza, banalizzata la cura consapevole delle storie di malattia.

10 – La sfida di Nursing in movimento

Siamo convinti che gli infermieri migranti rappresentino una grande ricchezza per i cittadini e per la professione in una società sempre più multiculturale, un’occasione per costruire una globalizzazione diversa e dal basso dove al centro ci sono i bisogni di salute comuni a tutti i cittadini del mondo e, almeno per una volta, non gli interessi del mercato globale.
Le cose da fare sono molte, a livello di istituzioni, di gruppi, di singoli:

– combattere la precarietà e il conseguente sfruttamento anche raccogliendo informazioni e testimonianze e facendole conoscere;

– promuovere un atteggiamento di accoglienza nella convinzione che gli infermieri migranti convint che siano una risorsa preziosa per la nostra società;

– tutelare il loro inserimento lavorativo e sociale

– aiutarli a superare la difficoltà della lingua

Nursing in movimento [insieme al movimento dei popoli per la salute(questo lo toglierei)] si assume il compito di affrontare questo tema includendolo tra gli obiettivi futuri di un osservatorio sulle violazioni al diritto alla salute. Se la sfida è promuovere la salute e massimizzare la partecipazione dell’individuo e della comunità in un sistema sanitario equo e sostenibile gli infermieri ci stanno.

Fonti:

1. Joint learning Initiavive (JLI) 2004 The health workforce in Afrika: challenges and prospects. WHO World Bank and Rockefeller Foundation. Global Health Trust

2. Buchan J., Kingma M., Lorenzo FM., International migration of nurse: trands and policy implications, International Council of Nursing, Geneva 2005

3. Buchan J., Calman L., The global schortage of registred nurses: an overview of issues and actions International Council of Nursing Geneva 2004

4. Ethical Nurse Recruitment International Council of Nursing Posizione adottata nel 2001

5. OECD Organisation for Economic Co-operation and Development. Health data 2005: statistic and indicators, Paris, 2005

6. Caritas/Migrantes-Società italiana di Medicina delle Migrazioni. Gli infermieri immigrati nella sanità italiana: un ulteriore apporto dopo l’assistenza nelle famiglie. Dossier statistico immigrazione, Idios Roma 2006

7. EMN European Migration Network, Italian National Contact point. Mercato occupazionale sanitario e migrazioni qualificate. Infermieri e medici e altri operatori sanitari in Italia. Roma 2006;

8. Romania: infermiere con la valigia di Mihaela Iordache su www.osservatoriobalcani.org pubblicata il 6.12.2004

9. Fatiguso R. Dall’Est la carica dei 60.000. Il Sole 24 ore 10 giugno 2005

10. Bernardotti M A. Sindacati e discriminazione razziale nella Sanità italiana: il caso degli infermieri. IRES CGIL Quarto rapporto sull’immigrazione. Ediesse, Roma 2006

11. Collegio IPASVI Torino. Shukran, settimanale del TG3. Infermiere informazione marzo-aprile 2003; 2; 8-9

12. “L’internazionale in corsia: le Asl risparmiano, gli «scafisti» ci guadagnano” di Manuela Cartosio da “il manifesto” del 07 Febbraio 2006

13. Gli esternalizzati di Michele Buono, Piero Riccardi in onda domenica 12 novembre 2006 alle 21.30 su RAI 3 trasmissione Report www.raitre.report.it