Percorrere senza correre

Una riflessione sulle parole dell’assistenza: interventi del convegno “la comunicazione diseguale”
Brescia 17 novembre 2012

De Mattia Mariano

percorrerecorrerePartorire,  mai verbo fu più adeguato,  un evento formativo accreditato avente come anima “la comunicazione diseguale” è stato per tutti noi (infermieri,  insegnanti,  attori,  pittori,  scrittori,  professori,  coordinatori e dirigenti infermieristici) motivo di preziosa introspezione,  crescita,  grande emozione e impegno. Sono stati proprio i nove mesi di preparativi ed attesa (fatti di riunioni,  telefonate,  fiumi di mail,  attività logistiche,  atti burocratici e sopralluoghi) a convincerci che si è trattato di gestazione di un’idea (nata da una conversazione al bar prima ed una telefonata poi) e nascita di una proposta alternativa di cura.

Al pari di tutte le cose animate,  le parole hanno un’origine ed una destinazione. Un celebre aforisma di Gandhi ne chiarisce la natura progressiva: “Le convinzioni diventano pensieri,  i pensieri parole,  le parole azioni,  le azioni abitudini,  le abitudini valori ed i valori diventano destino”.
Immagine4Dunque ciascuno di noi,  partendo da personali convinzioni e pensieri,  giunge al proprio destino essendone l’artefice primario. Proprio mediante le parole che utilizza. Si può dire altrettanto per una professione come quella infermieristica? Nel corso del Convegno: “La comunicazione diseguale,  un percorso nelle parole dell’assistenza infermieristica”,  promosso dal Nursind e svoltosi a Brescia il 17 novembre 2012,  si è tentato di analizzare alcuni frangenti tipici del quotidiano infermieristico connessi alla cosiddetta pratica clinica,  riflettendo su alcune parole con le quali noi infermieri siamo soliti definire gli eventi,  definirci e lasciarci definire.

L’intento è stato far germogliare domande e riflessioni gravitanti l’orbita del Immagine6pianeta cura. Giacché l’obiettivo è salvare,  curare,  integrare ed accogliere vite umane,  è lecito ritenere che in ciò una parola valga l’altra? Possiamo,  invece,  esser concordi nel ritenere la parola “principio attivo” della cura e dunque specificamente efficace per distinti interventi? E’ lecito credere che le parole abbiano una dignità farmacologica e dunque per analogia etimologica possano,  in base all’uso che se ne fa,  diventare rimedio o veleno?

L’apertura del convegno è stata una delle modalità di maggior carattere innovativo,  rispetto alla consueta formazione,  ed ha avuto grande impatto emotivo su partecipanti ed organizzatori. Abbiamo cercato di parlare di malattia,  comunicazione e cura coinvolgendo attivamente persone,  professionisti e storie non strettamente appartenenti all’ambito sanitario.

L’intervista rilasciata,  in occasione del convegno,  da Lucetta Fontanella,  sintetizza per grandi capitoli i contenuti con i quali il suo intervento ha enormemente arricchito la giornata. Di pari livello contributivo sono le parole concepite dalle due artiste,  Sara Stradi e Livia Castellini,  che hanno impreziosito la giornata.

Nel corso della sessione mattutina del convegno,  oltre ai rappresentanti di arte e letteratura,  sono intervenuti i seguenti relatori: Inf. De Mattia Mariano,  Coordinatrice Inf. Sara Visani,  Prof. Paolo Motta,  Inf. Milena Guarinoni e Inf. Antonella Cristiano. Ciascuno dei citati ha offerto spunti di riflessioni sull’uso della parola nei seguenti ambiti: pratica clinica,  supporto ai familiari,  formazione e ricerca,  fine vita. Con riferimento a quest’ultimo tema,  riportiamo una sintesi dell’intervento dell’infermiera Cristiano Antonella.

La sessione pomeridiana del convegno ha visto all’opera quattro gruppi di lavoro. Ciascuno di essi,  stimolato dai due conduttori e dagli altrettanti supervisori (Lucetta Fontanella e Massimo Casella – moderatore dell’intera giornata e responsabile del servizio qualità degli spedali civili di Brescia),  ha prodotto riflessioni conseguenti a quanto emerso nel corso della sessione mattutina del convegno. Sintetizziamo quanto emerso dall’attività dei quattro gruppi: arte e parole,  ricerca e formazione,  salute e accompagnamento,  supporto e contatto.

Immagine3L’incontro con i partecipanti si è rivelato colmo di emozioni. Tutti concordi e convinti di quanto sia importante la qualità del tempo da dedicare a chi si ha di fronte. E’ stata data molta importanza alla comunicazione non verbale,  al sorriso,  alla carezza,  all’educazione. Capire,  soprattutto dinnanzi alla morte,  quanto sia viva una persona,  donarsi ed unirsi a lei veramente. Sono questi gli slanci più coraggiosi,  semplici,  belli e pieni di umanità che un essere possa rivolgere,  come intenti di cura,  ad un suo simile. Riportiamo alcune considerazioni emerse dai lavori di gruppo.

Un grazie speciale va a Pompeo Cammarosano ed Alfonso Caruso (referenti Nursind di Brescia) per la disponibilità organizzativa. Un abbraccio infinito al Dott. Beppe Ussoli (in arte Paisason),  per la sua naturale capacità di seminare il sorriso,  anche quando dolore e tristezza diventano una presenza ingombrante.

Ci piace concludere queste considerazioni con un proverbio africano,  nell’auspicio che esso rappresenti anche un ponte tra le singole volontà di miglioramento:

“Le parole non hanno gambe e tuttavia camminano”.

Commenti dei partecipanti al convegno

Inf. De Mattia Mariano,  Unità Operativa di Oculistica,  Spedali Civili di Brescia [email protected]