Si chiamava Jacintha Saldanha.

jacinthasaldanhaNell’era dell’informazione globale, di internet, delle notizie che si rincorrono e si bruciano l’un l’altra nell’arco di poche ore, ben poco si sa della morte di un’infermiera indiana, tranne due cose certe: il suo nome Jacintha Saldanha, e che si è tolta la vita dopo uno scherzo radiofonico. Il resto è molto difficile da appurare, uno sfondo di silenzioso brusio che rende tutto più difficile. Jacintha era un’infermiera che lavorava al King Edward Hospital di Londra ed è stata la vittima inconsapevole di uno scherzo tanto banale quanto tragico nelle conseguenze. Due dj australiani, dall’altro capo del mondo le avevano telefonato nei giorni in cui Kate Middleton, moglie del principino, era ricoverata per accertamenti sul suo stato di gravidanza. Spacciandosi per il Principe Carlo e la Regina Elisabetta, si erano fatti passare la camera dall’ignara infermiera. Un fatto che aveva rotto la tradizionale disciplina reale ed ospedaliera, di cui lo stesso corpo infermieristico, degno erede della militarista Nightingale, è la prima espressione. Che cosa sia poi successo, non è dato sapere con certezza.

Quanto si siano sbellicati dall’altra parte del mondo, per lo scherzo radiofonico, sarebbe difficile da appurare. Di certo non è la prima volta che via etere presentatori in vena di carriera e di riempiticcio di palinsesti rattoppati fra una pubblicità e l’altra, fra un chiacchiericcio politico e l’altro, fanno dei danni. Sopra a tutti c’è l’esempio del regista Orson Wells che nel 1938, a soli 23 anni, inventò la radiocronaca in diretta di una finta invasione aliena, tratta dal romanzo fantascientifico la Guerra dei Mondi di H.G. Wells, con il risultato di scatenare il panico fra gli spettatori. Il palinsesto ha le sue regole, e le sue 19647115vittime e the show must go on. Solo che questa volta una madre di famiglia – per una volta si può essere retorici come la peggior stampa viscerale di destra – una lavoratrice, un’immigrata che lavorava da circa dieci anni in Europa, c’è andata di mezzo. E questa persona, Jacintha, era anche una collega infermiera. Molte le supposizioni che si possono fare, e non è difficile immaginare quale possa essere stata la reazione, di qualche sotto-capo della direzione dell’ospedale, nei riguardi di questa straniera tonta che si fa abbindolare da uno scherzo idiota, rompendo la tradizionale riservatezza dell’istituto ospedaliero. Non è dato sapere cosa sia successo, ma chi lavora nella sanità, lo può facilmente immaginare. E di certo la rigidità e l’intoccabile gerarchia che da sempre distingue questo mondo di schiavi e di stregoni, avrà giocato il suo ruolo. Diranno sicuramente che Jacintha era fragile, che aveva già dei problemi suoi. La direzione, emanato il suo ennesimo comunicato se ne laverà le mani e, forse, il marito dell’infermiera, che lavora anch’egli nello stesso ospedale, verrà lasciato in pace. Oppure no! Qualche rimbrotto verrà fatto in via ufficiosa ai due dj, devastati dal rimorso. Chissà se ci sarà qualcosa di più. Di certo c’è  che Jacintha non c’è più, ma resterà la sua storia. La storia di tanti infermieri del Sud del mondo che cercano un lavoro dignitoso qui al Nord, con un salario che per noi bianchi ricchi ci appare di fame (e lo è) mentre a loro permette di farsi una famiglia e mantenere quella di origine nella terra natia. Di certo c’è che con Jacintha si è infranto l’ennesimo sogno di un welfare più umano, di una società più giusta, di una salute pubblica garantita a tutte e a tutti in una dimensione in cui l’uomo è al centro e non i protocolli aziendali e la disciplina professionale pronti a macinare identità e professionalità. Qualcuno dirà che Jacintha era una personalità fragile, ma quella fragilità è la risorsa che permette a milioni di infermieri di essere presenti tutti i giorni in corsia, in reparto, sulle ambulanze, negli ambulatori, in ospedale come sul territorio, portando su di essi il peso della dominanza medica, delle controriforme, delle disuguaglianze della salute, dei tagli alle spese sanitarie, del lavoro da fare come e comunque. C’è qualcuno che continua a sbandierare un’infermieristica fatta di progettualità, autonomia professionale e responsabilità, quando si continua ad essere meri esecutori di ordini medici, di funzioni e di compiti. Qualcun’ altro ancora cita un aspetto del nursing definito come  cure support,  in realtà è la scusante per continuare ad essere a disposizione. E quando tutto ciò viene meno, quando manchi alla tua funzione, passando una telefonata sbagliata, allora la si può pagare cara, specie se sei fragile. E la professione infermieristica è fragile – come Jacintha – pronta a suicidarsi nel cambiamento di una legge, negli interessi di un sindacatino corporativo, in una fase di passaggio infinita in cui sarà sempre un passo indietro rispetto ad altre. Bene a questo punto se il mondo dell’evoluzione professionale è questo, fatto di inganni e cerimonie, di ipocrisia e rigidità, di inumanità e stoltaggine, penso che non c’è alcun problema a continuare a rimanere fra i più, fra i diseredati, fra quelli che non contano e non hanno titoli, rammaricandosi solo quando qualcuno a noi caro ci lascia. Jacintha un saluto ed un abbraccio a te che te ne sei andata e che hai fatto male a fare quello che hai fatto, ma per noi rappresenti la parte più sana, vera ed umana della professione.

 Giordano Cotichelli