Sulla privatizzazione dell’acqua ed altre follie

Un elemento con il quale abbiamo a che fare quotidianamente e della cui importanza non ci accorgiamo. L’ombra della privatizzazione dei servizi si sta concretizzando se non ci sarà una mobilitazione dal basso. L’acqua è un bene comune, l’accesso all’acqua è un diritto di tutti per questo va gestito da un servizio sotto il controllo pubblico e in modo democratico.

di Maria Grazia Fuligni

L’ultimo fotogramma onirico si dissolve nel suono della sveglia. Il freddo delle piastrelle sotto i piedi non riesce a comunicare l’inizio della giornata agli occhi, che rimangono ostinatamente legati agli ovattati attimi precedenti. Solo l’acqua che scorre sul viso fa la magia. Se poi riesco a rubare qualche minuto alla fretta, e posso dedicarmi a far scivolare sul mio corpo alcune decine di litri del fluido prezioso, la giornata ha già un miglior inizio. Qualche cc per il caffè. Un po’ di più se decido per il tè ma non molti, visto che la mia “baffona” da sei ne contiene quasi una tazza da caffellatte e quello è, per me, il Caffè del mattino.
Stanotte è piovuta sabbia, riempio il serbatoio degli schizzettoni e do il via ad una sorta di gara tra il getto, mai preciso, ed i tergicristalli.

Al lavoro l’impianto idrico non conosce soste, è tutto un apri e chiudi e, anche se chiudi, non chiudi mai veramente. La gocciolina ti fa sempre compagnia. E’ sicuramente costata più quella goccia negli ultimi anni di uno bel rubinetto nuovo.

Pesa anche, e tanto! Oggi arriva il materiale, due carrelli di boccioni (alias flebo, liquidi). Contenitori di vetro o plastica che ne contengono 100, 250, 500, 1000cc addizionata da intrugli vari. La base della terapia.

Ma al ritorno a casa qualcosa non va, la magia non funziona più. Il rubinetto emette muggiti e gorgoglii minacciosi, sputa il niente, vomita l’anima. Prima reazione: asterischi, fulmini, punti interrogativi ed esclamativi, per dirla con il linguaggio dei fumetti. Poi capisco e capisco che è solo l’inizio…lo stomaco si stringe, rabbia e paura non sanno come sfogarsi e sopraggiunge l’ansia. Il paesaggio cambia, sfuma nello sguardo disperato e rassegnato di chi ha appena tirato su il secchio dal pozzo ed ha raccolto melma puzzolente, inutile per bollirci la pasta.

Solo il perdere l’acqua ti fa capire la sua importanza.

Il fiume del mio paese era sempre stato lì, un mese più grosso, un mese più piccolo e muschioso, ma non si era mai sognato di andarsene. Qualche volta invadeva gli orti vicini ma è sempre stato perdonato. E’ anche stato molto maltrattato; vecchie lavatrici, materassi e divani ancora ancora, ma le batterie esauste delle auto e i risciacqui dei secchi di vernice non li sopportava proprio! Dimenticava, però, e perdonava a sua volta. Riusciva anche a dare asilo a barbi, trote, ghiozzi e gamberi. I girini lo decoravano di ricami neri e i ragni d’acqua danzavano sulla sua superficie. Un giorno è sparito, lo hanno fatto entrare in una galleria dove dovrebbe passare un treno straveloce. Da quel momento non ha più potuto alimentare né l’acquedotto del paese né i girini. Adesso al suo posto c’è un fiume finto, o meglio c’è l’ombra dello stesso fiume. Un’aberrazione temporale.

Non si può ricreare quel che doveva essere usando l’originale violentato. Un tubo dalla galleria lo riporta, in parte, nel suo letto ma lui è cambiato, è biologicamente morto e nemmeno così grosso da poter smaltire gli scarichi delle abitazioni… una fogna. Intanto, nelle nostre tubature, l’acqua è tornata. Adesso ci scorre quella dei pozzi della valle, portata a monte (naturale processo vero?) da pompe a gasolio.

La parte del fiume che non riciclano per i turisti la depureranno e la venderanno perché l’acqua è indispensabile, un buon “affare”, e qui veniamo al punto.

Rischiavo di parlare dei danni provocati dalla TAV in Mugello mentre l’argomento è il diritto all’acqua. Le due cose però, per me, hanno un significato comune e sono, comunque, entrambe legate al discorso “affari in barba al territorio ed alle sue risorse”. I lavori della TAV hanno portato via l’acqua ai fiumi alle sorgenti, ai pozzi; l’hanno rubata agli animali, agli abitanti ed alle piante; hanno provocato l’inimmaginabile, il “può succedere anche qui”.

Nel mondo tante, troppe persone non hanno accesso all’acqua, si parla di centinaia di milioni che diventeranno tre miliardi nel 2012. Una cifra terrificante, come terrificante è la politica che si sta proponendo a livello mondiale sull’uso, consumo e vendita dell’acqua. Negli ultimi anni ci stiamo accorgendo che l’acqua ha potere politico quanto e forse più del petrolio. Si fanno guerre per il suo dominio e si fanno, o si cercano di fare, affari.

Ma l’acqua non si può vendere.

L’acqua è un diritto, un bene prezioso da difendere e proteggere da sprechi ed inquinamento. Proviamo ad ingabbiarla quotidianamente e lei, l’acqua, come le coscienze, appare docile e malleabile finché, un bel/brutto giorno, si ribella e si vendica, con rabbia e ragione. E’ oramai frequente l’immagine di fiumi che straripano perché non sono più fiumi ma piste da bob in cemento dove le molecole di H2O impazziscono nutrendosi di forza, velocità e prigionia. Penetrare dolcemente nel terreno e alimentare le falde è oramai quasi un sogno per molti dei nostri fimi.

E’ un delirio di onnipotenza che ci sta invadendo, le amministrazioni territoriali hanno creduto di “creare ricchezza” sfruttando anche la base della vita.

L’idea originaria non era malvagia. Un consorzio pubblico per permettere anche ai comuni più piccoli di gestire le proprie risorse idriche senza incorrere in spese insostenibili, garantendo migliore gestione e minori sprechi. Ma, si sa, riusciamo sempre a degenerare e, dal consorzio pubblico, siamo passati o stiamo passando alla cessione a privati che, come è ben noto, se investono vogliono guadagnare. In questo settore la recente invenzione della finanza creativa si è sbizzarrita. Il comune di Firenze è arrivato persino a pagare il prestito contratto con BNL per far fronte alla ricapitalizzazione di Publiacqua per permettere l’entrata di ACEA (azienda municipalizzata romana a capitale misto pubblico privato con interessi in America latina e medioriente) con le future bollette dell’acqua.

Più che finanza creativa direi virtuale fatta di bilanci di carta e teorie volatili.

La PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PER LA RIPUBBLICIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO DELLA REGIONE TOSCANA, per la quale c’è una grossa campagna di raccolta firme in atto, si propone di bloccare questo processo malato.

Prevede l’accesso gratuito e garantito al quantitativo minimo vitale di acqua potabile giornaliero a persona (circa 40l), la condanna e la lotta agli sprechi e, soprattutto, l’impossibilità di mercificazione dell’acqua.

Per tutti i dati tecnici e le modalità che hanno portato all’elaborazione del testo di legge potete consultare il sito www.leggepopolareacqua.it.

Per quanto mi riguarda continuerò ad impegnarmi affinché non veniamo privati ulteriormente di ciò che ci spetta di diritto.

L’acqua, come la salute, la scuola non ha bisogno di padroni.

Referenze fotografiche:

Paul Gauguin, Donna Thaitiana sdraiata 1892
Alberto Burri, Cretto 1973
Paul Gauguin, Pape Moe 1893