Assistere secondo cultura

L’egoismo non consiste nel vivere secondo
propri desideri, ma nel pretendere
che gli altri vivano a quel modo
che noi vogliamo.

Oscar Wilde

di Marcella Gostinelli

L’Italia si è trasformata da Paese di emigranti a luogo di approdo per immigrati provenienti dai Paesi poveri del Pianeta. Queste persone giungono in Italia con tutto il peso della loro sofferenza e con un grande bisogno di aiuto. Gli immigrati quando arrivano e chiedono di essere curati sanno bene cosa chiedere alla medicina occidentale, anche perché il modello occidentale è esportato in tutto il mondo e quindi si aspettano che i loro bisogni vengano soddisfatti con risposte diversificate che tengano conto anche della loro cultura di provenienza.Il loro arrivo ha modificato il tessuto sociale e la domanda di salute sviluppando una società multietnica e multiculturale. Una professione sanitaria, quando è in sintonia con i tempi deve tener conto di ciò che cambia nel tessuto sociale per il quale lavora.”Noi professionisti sanitari abbiamo una posizione d’ impegno nel cambiamento del rapporto con chi si rivolge al Servizio Sanitario, anche con i così detti “fuori cultura”. L’impegno è vincolato dal tipo di professione”[1], dalla natura relazionale ed educativa della funzione assistenziale. La professione infermieristica è una professione sanitaria non più ausiliaria (.L 42/99), nello svolgimento della quale abbiamo precise aree di autonomia ( D.M. 739/94; L.251/2000); all’interno di queste possiamo decidere e quindi scegliere un intervento assistenziale infermieristico ritenuto prioritario in quel momento ed appropriato; in quelle aree, in particolare, abbiamo il dovere etico di rendicontare autonomamente , anche al cittadino straniero che assistiamo, sul nostro operato, sul perché di certe scelte piuttosto che altre.

In questo senso e finalmente, la professione infermieristica è chiamata a rispondere in prima “figura”, perché l’infermiere è il professionista sanitario che ha contatti più frequenti con il malato nel corso della giornata e garantisce per questo una assistenza continua nel tempo, divenendo così l’operatore sanitario più accessibile e disponibile. Ad esso è affidata la qualità della vita della persona assistita durante la degenza o del periodo di sofferenza di un individuo al suo domicilio. L’infermiere d’assistenza ha il privilegio di avere la maggiore diversificazione del livello relazionale con la persona che assiste : è il rapporto con il corpo, con il dolore, con la speranza, con la morte, con il cordoglio .Ogni persona, relaziona in modo diverso e peculiare con la condizione del dolore , della sofferenza e della speranza che si trova ad esperire ed è da questa diversità e peculiarità che si evidenzia il contrasto profondo tra questa realtà della condizione umana e quella biocentrica delle scienze sanitarie.Considerata però la scarsa importanza finora data agli aspetti culturali nell’assistenza alla persona , la natura relazionale-educativa della funzione assistenziale rischia in un futuro non troppo lontano di essere compromessa.

Il pensiero delle differenze e delle metodologie relazionali per affrontarle nasce nell’ambiente scientifico statunitense nel 1920 e George Devereux[2] è lo studioso che ha sistematizzato la disciplina dandole l’aggettivo transculturale.

Conoscendo ed utilizzando tale disciplina è possibile acquisire la capacità di “attraversare” le culture delle quali ogni persona è portatrice; è possibile cioè acquisire la capacità di comprendere e quindi rispettare un modo diverso di essere, delle diverse abitudini, diversi modi di interpretare un sintomo, un malessere. Questa comprensione e rispetto permetteranno all’utente di sviluppare un sentimento di fiducia nel raccontare la propria vita, la propria sofferenza, attraverso le parole, il corpo, i gesti, il modo di acconciarsi i capelli, il modo di vestire.L’approccio transculturale permette prima di ogni altra cosa l’annullamento dell’estraneità.

“Siamo chiamati a sviluppare una sensibilità volta all’”altro” ed una maggiore competenza nei rapporti interpersonali in virtù di una maggiore complessità nelle interazioni tra operatore sanitario e malato, complessità che rende inefficaci e spesso dannose le pratiche bio-psico-sociali statiche della medicina tradizionale, perché incapaci di leggere i valori culturali della persona malata, valori che proprio nel momento di maggior fragilità, determinato dalla malattia, emergono con forza nel pensiero e nel comportamento di una persona”[3].L’incontro con persone di diversa cultura, con diverse aspettative, espressioni, percezioni, non percezioni dei bisogni , dovrà modificare i nostri comportamenti professionali, gli atteggiamenti, il linguaggio, modificherà il nostro modo di lavorare.Dovremmo essere perciò grati agli immigrati che ci costringono con la loro presenza ad acquisire competenze avanzate, specialistiche ed a riflettere sulla nostra cultura anche quella professionale, soprattutto in ambito relazionale; riflessione che gioverà anche ai nostri rapporti con i connazionali ed al nostro operare nella dimensione sociale più in generale. L’infermieristica transculturale affronta il problema dell’alterità culturale, tanto nel momento diagnostico, chiedendosi di quale problema infermieristico soffra la persona , tanto in quello prescrittivo, chiedendosi come può aiutarlo.Essa studia in primo luogo quanto incide sulla percezione, risoluzione e significato dei bisogni assistenziali, un particolare contesto socio-culturale.In questo suo primo approccio essa utilizza gli strumenti mediati dall’antropologia culturale, dall’etnologia e dalla psicosociologia,integrati ovviamente con gli strumenti classici dell’ infermieristica.

Un’ Assistenza Culturale renderà possibile garantire alla persona il rispetto della cultura di appartenenza, comprendendone similitudini e differenze.

M.Leininger[4]in uno dei suoi lavori degli anni Cinquanta diceva:

” Quello di cui le persone hanno più bisogno per crescere, rimanere in salute e sopravvivere o affrontare la morte, è dell’umanizzazion dell’assistenza.L’assistenza è l’essenza dell’infermieristica, ne è il cuore e l’anima e rappresenta quello che di più la gente cerca nell’infermiere e nei servizi sanitari.Gli infermieri allora devono acquisire conoscenza dei valori, delle credenze,e delle forme di assistenza espresse nelle varie culture e mettere a frutto tali conoscenze per prendersi cura delle persone sane e dei malati”La teoria della Assistenza Culturale, diversità ed universalità dell’assistenza” di M.Leininger è stata sviluppata attraverso numerose pubblicazioni e permette di evidenziare i diversi significati e modi nel fornire assistenza alle persone di cultura differente, rispettandone le aspettative , ma soprattutto e nello stesso tempo permettendo di individuare i canali strategici assistenziali culturalmente sensibili. Per Leininger l’incontro tra l’operatore sanitario ed il paziente rappresenta il concretizzarsi dell’incontro tra diverse visioni del mondo che comunemente determinano imbarazzi, disagi,diffidenze, rigidità e senso di profonda frustrazione. La teoria della Culture Care sostiene ed incoraggia gli infermieri ,durante l’operatività quotidiana a trovare uno spazio interiore, e non solo interiore, da dedicare alla comprensione reciproca. L’assistenza così diventa una transazione uno scambio di valori del Care per socializzare e conoscere i fattori che influenzano i modi di fornire e ricevere assistenza.

Per impregnare di senso e condivisione l’azione sanitaria dovremmo partire da modelli e schemi organizzativi dove sia prevista la possibilità di ascoltare prima e registrare poi la narrazione della sofferenza della persona e da strumenti informativi, all’interno dei processi operativi, dove registrare anche il sintomo psicosociale; utile l’adozione della pratica dell’audit in cui ogni professionista è portato a trascrivere tutto ciò che sa del malato.Infine è evidente come le prove di efficacia rilevate attraverso l’uso di schede che compongono la cartella infermieristica e complementano la cartella clinica, nell’ambito dell’esercizio culturale, debbano essere quelle di aver registrato: la compliance, la serenità ed il clima collaborativo articolato tra gruppi curanti e gruppi curati , soddisfazione, accettazione , sviluppo di un sentimento di fiducia.

“Le prove di efficacia raccolte decifreranno così come valore aggiunto il comportamento assistenziale culturalmente corretto e rappresenterebbero il punto di partenza da cui iniziare a verificare il proprio agire.”[5]

Quel valore aggiunto che permetterebbe di correlare un intervento infermieristico ad un risultato di salute.

BIBLIOGRAFIA

-Osservatorio italiano sulla salute globale, Rapporto 2004 salute e globalizzazione, ed Feltrinelli,2004
-Mara Tognetti Bordogna, I colori del Welfare, ed. F.Angeli, 2004
-Duilio F.Manara, Infermieristica interculturale, ed. Carocci Faber,2004
-Renzo Zanotti, Filosofia e teoria del nursing,ed.Summa Padova
-Sandra Bombardi, Progettare la formazione dell’infermiere, la cultura al centro della professione infermieristica, ed F. Angeli,

[1] Rosalba Terranova-Cecchini,”L’evidenza scientifica nell’assistenza infermieristica”, 5 ottobre 2001 Fiera di Milano

[2] Georges Devereux, etnologo, psichiatra e psicanalista.

[3] Rosalba Terranova-Cecchini,Concetto di salute e malattia nelle diverse culture e EBN: contrasto ointegrazione?,5 ott.2001 Fiera di Milano

[4] Infermiera antropologa americana che ha elaborato la teoria della Diversità ed universalità della Culture Care e che ha contribuito alla nascita ed alla diffusione del nursing transculturale

[5] Rosalba Terranova-Cecchini,Concetto di salute e malattia nelle diverse culture ed EBN: contrasto o integrazione?