Eretici in movimento

“Nonostante gli infermieri appartengano alla stessa classe del malato, essi molto raramente lottano  per la sua liberazione” Franco Basaglia, 1968

Luca Littarru

Sono passati 5 anni da quando, nel 1999, pubblicai la prima versione di Infermieri Eretici. Quante cose sono diverse, oggi, fuori e dentro me. Allora avevo 25 anni, venivo da una lunga esperienza militante ed extraparlamentare, volevo portare tutto ciò che era la mia formazione, la mia coscienza e, più di tutto, il mio amore all’interno della professione infermieristica. Poi arrivarono tanti altri compagni di viaggio, le lettere, le migliaia di contatti… Ogni esperienza costituisce la sua realtà: Infermieri Eretici fece comunità, fece rete in maniera impressionante ma poi non resse alla sua stessa potenza. Esplose travolgendomi e, per dirla tutta, a distanza di quasi tre anni, nonostante abbia di nuovo la vicinanza degli amici più importanti, mi ritrovo ancora qui a raccogliere qualche coccio.

In Infermieri Eretici commisi un errore di fondo: tentai di combattere il potere facendo editoriali feroci che mi costarono anche la minaccia di essere denunciato, ma alla fine pensavo che il potere dovesse essere, oltre che nemico, anche interlocutore.

Per questo, oggi, Nursing in Movimento non rappresenta per me una seconda possibilità, ma una prima volta. La prima volta per essere ciò che sono senza dovermi difendere da chi non tollera pareri scomodi. E’ un augurio che mi faccio, che faccio a tutti noi, ma prima di tutto è un auspicio per l’avventura che stiamo iniziando a vivere. Rosa Luxemburg disse, in un tempo non lontano, che la vera libertà sta nel pensarla diversamente: ecco, io chiedo che Nursing in movimento possa essere un luogo – nonluogo dove pensare diversamente ed agire diversamente diventi possibile.

Ma dicevamo del potere. Mi auguro che gli amici e le amiche, i compagni e le compagne di questo viaggio non ne abbiano a male: non combatterò il potere con armi convenzionali, nemmeno rifiuterò il potere che a sua volta rifiuta i tre quarti del mondo (non sono abile in matematica, ma ho imparato a mie spese che il rifiuto per il rifiuto dà il rifiuto al quadrato), ne cavalcherò mai più l’onda del contropotere che altro non è se non il diverso lato della medaglia. Scelgo l’esodo, la fuga verso la vita, verso l’amore per il mio corpo senza tempo, verso il desiderio di essere parte di una libertà più ampia dove spero di trovare tanti compagni di viaggio, dove spero di trovarvi.

Non parlerò di professione infermieristica perché non ne sono più capace, non oso più immaginare le corporazioni, non voglio essere inquadrabile. Sono tanti gli uomini e le donne che sono infermieri senza appartenere alla professione infermieristica, così come tanti (troppi) sono gli infermieri che, pur avendo compiuto il loro percorso di studi ed aver ottenuto il loro pezzo di carta, fanno gli infermieri anziché esserlo, e spesso lo fanno malamente. Quanti contadini – infermieri ho incontrato, così capaci di prendersi cura dei fili di grano, quante donne – infermiere sulle strade a vendere la loro dignità così da ottenere quei quattro soldi utili per far studiare i figli nella loro terra, come potrei dimenticarmi della piccola Michy che una sera d’inverno si tagliò il suo metro e mezzo di capelli, si strappò la camicia e confezionò un cuscino per un bimbo nomade addormentato in una strada di Quarto Oggiaro, periferia nord di Milano. Oggi la piccola Michy sta in un ospedale psichiatrico negli Stati Uniti, luogo in cui andò per fuggire dal sangue che sgorgava dalla sua situazione, dove un giorno sì e l’altro pure viene legata da soldati – infermieri, ha bucato per due anni le sue sottili vene celesti, morirà di AIDS se il governo le sospenderà il sussidio per l’acquisto dei farmaci necessari alla sua sopravivenza. Quanti infermieri – noninfermieri, quanti uomini e donne coltivano nel loro corpo e nella loro anima questo maledetto germe che si chiama ESSEREINFERMIERIMAESSERLODAVVERO. A loro, a tutti loro voglio rivolgere il mio sguardo, loro e tutti loro voglio nel movimento, nel nursing in movimento verso un altro modo di esistere. Li incontrerò ovunque, perché voglio scomparire allo sguardo atroce dell’Impero, cerco la via per l’esodo e compagni di strada: li troverò nelle strade e nei letti di ospedale, in Guatemala o sotto casa, nella rete e nel corpo, tra gli infermieri e tra i contadini, a via del Campo e a Quarto Oggiaro, e mi rivolgerò loro con gli strumenti che ho: la mia voce, le parole che scrivo e che non so dire, le mie fotografie, il mio teatro, parlerò di gente che ho conosciuto, di storie che ho vissuto, forse di psichiatria, perché altro non so.

Questo è per me Nursing in movimento, e ai miei compagni di viaggio chiedo di essere accolto per ciò che sono.

Fare il conto con i miei fantasmi sarà il filo conduttore della mia battaglia: che, qualora i popoli riusciranno a mettere fuori circuito il male oscuro del potere, ciò che sopravviverà sarà l’opportunità di essere davvero tutti felici, però anche il ricordo di un male oscuro finalmente cancellato dalla storia, ma irriducibile come dolore.